lunedì 22 luglio 2013

La vita è un vuoto che si può riempire in molti modi.

Erik Priebke compirà 100 anni lunedì prossimo. Abita a Roma in un appartamento del centro e frequenta ristoranti. Non soffre di solitudine perchè sfreccia in scooter ( o almeno sfrecciava fino a tre anni or sono ) trasportato dai suoi attempati camerati italiani, numerosi e attivi politicamente a Roma, dove sussistono numerosi "acquartieramenti" per i fascisti irredimibili, che non si sono mai trovati fuori contesto e che, anzi, conducono una intensa vita sociale. Pare che si stia avvicinando al cristianesimo e che abbia solo ubbidito agli ordini. Un fiore simbolico alla memoria di ciascuna delle sue vittime. Ne riceverà anche lui, quando sarà morto e di questo dobbiamo rimanere consapevoli. Se non erro, il capitano Priebke fu rintracciato a Bariloche, in Argentina, dalla Fondazione Simon Wiesenthall. L'Argentina e il sud america furono un canale privilegiato d'espatrio di questi criminali, perché molti di quei cialtroneschi regimi politici, si ispiravano al nazismo oppure erano dichiaratamente o nei fatti fascisti. Il Vaticano organizzò un corridoio che ne favori la latitanza, nel corso di un paio d'anni, dopo la fine della guerra. Arrestato, fu trasferito in Italia, in quanto ufficiale e personale esecutore della decimazione delle Fosse Ardeatine, di cui si erano tenute retoriche celebrazioni, ora molto spente, ma per la quale, le ignave autorità italiane avrebbero sperato di non incappare più in un diretto responsabile. Altri gerarchi nazisti, attivi in Italia, dopo la rottura dell'alleanza con la Germania erano stati rintracciati, ma la Germania stessa ( allora solo occidentale ) che aveva favorito la fuga dal Celio ( d'accordo con le autorità politiche ( Ministro Lattanzio ) e militari italiane di un moribondo, Eric Kappler, comandante della guarnigione di Roma, aveva sempre rifiutato l'estradizione, con relativo respiro di sollievo dell'imbelle rappresentanza politica nazionale, in gran parte neppure di sentimenti antifascisti. Almeno, gli Israeliani, quando potevano raggiungerli direttamente, li facevano fuori, evitando complici rogatorie internazionali, prendendosi il risarcimento dovuto ai loro morti. Noi, invece, no. Non ci identifichiamo con quei morti, non ci identifichiamo con nessuno che non sia - e spesso ipocritamente - della nostra famiglia, della nostra "parrocchia", del nostro nucleo di interessi. Per questo è possibile che si festeggi anche la pellaccia di un nemico, fino a poco prima alleato E' l'Italia che ti aspetti.

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