giovedì 18 luglio 2013

Società omertose.

Antonio Ingroia ha fatto una scelta che va a sommarsi ai molti misteri omertosi palermitani. Quando era in prima linea e nell'imminenza dei processi da lui istruiti, se ne è andato per due mesi in Guatemala, per un prestigioso, ma distraente incarico, dal momento che il suo Nicaragua ce l'aveva in Sicilia. E' sembrato un tentativo di sottrarsi ad un prevedibile regolamento di conti, in una fase in cui la radicalità dello scontro, condotto coraggiosamente, aveva toccato i santuari della politica e coinvolto il Presidente della Repubblica. Non ha fatto in tempo a inimicarsi i trafficanti nicaraguensi perchè, dopo sessanta giorni, durante i quali aveva fatto ben due incursioni in Italia, ha abbandonato armi e bagagli per fiondarsi sulle elezioni politiche nazionali con una formazione che nell'acronimo ricordava un remake di Rifondazione comunista, anziché una improbabile Rivoluzione civile. Tanto è vero che, girata tutta l'Italia, senza mezzi, né appoggi mediatici significativi, ha preso una manciata di voti, compromettendo la carriera giudiziaria e quella politica insieme. Si è trovato disoccupato, non avendo accettato di esercitare il suo mandato ad Aosta, unica realtà nella quale non si era candidato. L'effetto trascinamento, sulla sola base dell'antimafia non ha avuto nessun successo, come volevasi dimostrare, neppure nelle regioni che ne sono più infestate, non più relegabili nel solo mezzogiorno. Ciò non ostante e seppur recuperato ad un incarico ben remunerato come la Presidenza di un Istituto della Regione Sicilia, è in un limbo, nel quale e dal quale vuole agitare un impegno politico che, seppur lodevole, pare privo di prospettive e che se si eserciterà sul fronte del contrasto alla malvita lo avrà restituito al proscenio nel quale la sua eliminazione - producibile dovunque - sembra ricontestualizzarsi. In quali intrighi o in quali ambasce pirandelliane si è involuto il coraggioso P.M.? I parenti del suo antesignano, il giudice Borsellino, del quale era stato sostituto ed al quale era subentrato, lo hanno sempre ignorato e pubblicamente snobbato se richiesti di giudizi sul suo conto. La famiglia Borsellino è di estrema destra, come il giudice ucciso, secondo un costume vetero-borghese radicatissino nell'estremo sud d'Italia. Ingroia è un dichiarato comunista. Anche il suo aspetto dimesso e la laconicità sembrano tradire la sua appartenenza d'origine alle classi subalterne. Potrebbe essere soltanto questo il senso della sottovalutazione. Sta di fatto, però, che il suo sgusciamento apparente in ambito amministrativo, sembra riaffermare l'eterna subordinazione al potere, borbonico e feudale, prima che mafioso, che caratterizza l'Italia meridionale in genere e la Sicilia anche in termini ridondanti e barocchi. Ieri, il suo principale accusato nell'ambito della trattativa fra lo Stato e la mafia - da non intendersi come quell'accozzaglia di bruti ignoranti, per cui viene spacciata mediaticamente la mafia e sulla quale, doppiamente e perfidamente ironizzava il Senatore Andreotti, è stato assolto, ponendo un'ipoteca insabbiatoria sugli altri processi e sull'intero impianto accusatorio, che ha subito un forte stop con l'inibizione e poi distruzione delle registrazioni fra il Senatore Mancino, Ministro degli Interni all'epoca e il capo dello Stato. Il dott. Ingroia, che conosce bene il suo ambiente e il sottobosco sociale e politico che vi sottende, pare essersi fatto inghiottire in quell'omertà impotente che aveva cercato di scalzare, trovandosi nuovamente di fronte al fatto incontrovertibile che la mafia è dentro lo Stato, attraverso i suoi rappresentanti storici, i maggiorenti regionali e chissà quante altre concrezioni, stabili ed occasionali, interne ed internazionali. Speriamo che, pur fra regressioni e immobilismi, il provato segugio siciliano, sappia, dal versante politico, riprendere la sua battaglia contro i parassiti vandeani e le loro dissimulate alleanze. Siciliani doc asseriscono che, per combattere la mafia con lo stesso impegno inquisitorio di un magistrato, ma con maggior efficacia, sia necessario, in certi contesti, scendere in politica. Se questo è lo scopo, come mi auguro, per ora sono riusciti ad allontanarlo considerevolmente dall'obiettivo.

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