sabato 27 luglio 2013

Stentati esordi.

E' già il secondo omicidio politico, in Tunisia, di esponenti del partito di opposizione al Governo che, scaturito dalla primavera araba, che è cominciata in Tunisia, si è poi ripiegato in forme di regressione ideologica e civile, sulle orme di un recupero, neanche troppo lento, della tradizione e soprattutto della legislazione islamica, in un piccolo Paese che, nelle città, almeno, se ne era affrancato. Non si può assumere la carica di leader dell'opposizione, senza venire uccisi: è toccato alcuni mesi fa al primo segretario e pochi giorni or sono, al suo successore. Sembra la mattanza che ha colpito gli oppositori della mafia a Palermo o i suoi manutengoli divenuti inefficaci. L'ultimo ucciso, un certo Brahami, aveva una cognata a Trento, sposata a suo fratello, che gestisce una ditta di trasporti. E' stata lei a rendicontare, per noi, i suoi funerali, a tesserne lo scontato elogio e a lodare lo "spirito di vicinanza al popolo dell'esercito". ( ma ci sarà anche il popolo che ha eletto il Governo in carica ). Affacciatosi a una democrazia non esclusivamente d'importazione, la Tunisia sembra in preda ai regolamenti di conti delle "famiglie", in una similitudine impressionante con i costumi della mafia siciliana. Anche i tratti somatici moreschi ( di chi non è normanno o ispanico e, casomai, francese, prima dei Vespri ) sono speculari. Dolore e lutti sono il germe della democrazia in un terreno arido e corrotto.

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