domenica 7 luglio 2013

Il faticoso cammino dell'homo sapiens.

Ventidue anni fa si svolsero le ultime elezioni politiche in Algeria. Si affermarono nettamente gli islamisti contro la coalizione sponsorizzata dall'occidente e dalla Francia, ex potenza coloniale. Un colpo di Stato militare affogò subito quella chiara e netta espressione popolare. L'Algeria si era liberata dalla tutela francese con una lotta di popolo, condotta per anni e scontata con uccisioni, mutilazioni e torture. Il più bel documento filmico di quell'epopea è stato "La battaglia di Algeri" di Gillo Pontecorvo, scomparso da poco più di un anno. Evidentemente, però, quella tenacia, quello spirito di immolazione che non si piega al meno peggio, come usa invece da noi, era sostenuto da una fede intima che, nell'espresione del voto, aveva premiato chi, realmente o apparentemente, la rappresentava. Se nei Paesi dell'Islam si fa votare il popolo, in una parodia delle già parodistiche elezioni occidentali, vince l'Islam, il sentimento profondo del popolo, donne comprese. Per vent'anni, l'Algeria sarà scenario di attentati, uccisioni individuali e di gruppo, rivolte anche a simboli della incongrua dominazione occidentale. Anche sei marinai italiani furono sgozzati nel loro barcone, ormeggiato nel porto di Algeri. Poi, la sistematica repressione ha di molto diminuito l'incidenza degli atti violenti di rivalsa. E' succeduta una generazione, nata e cresciuta in quel sistema dittatoriale. Adesso, uno scenario consimile si propone in Egitto. Se non si riesce a far votare il popolo secondo interessi alieni, vincono gli islamici e gli alti comandi militari, non alieni da interessi diretti, si incaricano di reprimere la parodia democratica e coprono il misfatto "democratico" con figure di garanzia, a prescindere da ciò che si deve garantire ( come il presidente della Corte costituzionale, dopo che la Costituzione è stata sospesa )e, avendolo a disposizione, mettendo in vetrina un premio Nobel, un intellettuale eminente, ma del tutto avulso dall'humus popolare. Il paradosso apparente di questa vicenda è che coloro che, intellettualisticamente, nell'Occidente fomentatore sono considerati meno distanti dai valori democratici, si affidano ad un colpo di Stato per affermarsi sui vincitori elettorali legittimi. Non ritengono percorribile, evidentemente, la strada dell'opposizione costituzionale. Ma i militari, tutti i militari, non sono democratici e, in Egitto, hanno già esercitato il potere sui civili per due anni, uccidendo o cercando di annichilire con le torture, gli elementi non irregimentabili. Nelle cangianti vesti di vittima o di oppressore, fra chi milita negli schieramenti maggiori, nessuno può essersene dimenticato. Con questa gente sullo sfondo e negli anfratti più bui dove consumare i loro misfatti - ci sono già decine di morti - quando gli Egiziani saranno chiamati, se l'ordine regnerà allora a Il Cairo, a rivotare ( come in Europa, ripetutamente sull'adesione all'euro e, inutilmente, in Italia, dopo un Governo, frutto di un golpe bianco ), senza condizionamenti brutali e brogli sistematici, rivinceranno gli islamici, che sono espressione autentica del sentimento diffuso del popolo minuto. Ma perché gli alti comandi militari si sono ancora così incostituzionalmente intrufolati nella vicenda pubblica interna, pur guardandosi bene dall'assumere direttamente la guida del Governo? Ciò che interessa agli alti comandi è di non perdere il controllo del vasto apparato produttivo di cui sono cointeressati capofila e la gestione autonoma del proprio bilancio, ma, soprattutto, la garanzia del supporto americano: 1.500.000.000 di dollari l'anno. I nord americani sono quindi gli azionisti di riferimento degli alti comandi egiziani, che sono i garanti della "conformità" dei Governi egiziani ai desiderata di Washington. Il colpo di Stato ( hanno anche cercato di sostenere che non si trattava di un golpe, mentre lo consumavano ) non elimina le cause che l'anno originato, che restano insolute nei loro termini socio-culturali, politici ed economici. L'Egitto era da tempo precipitato nella miseria e non aveva già, al posto dei militari, i severi custodi del recinto comunitario, come noi, nell'Unione europea. L'emiro del Qatar aveva offerto denari, in cambio della concessione sul canale di Suez ( qualcosa di analogo capiterà presto anche a noi ). In queste condizioni, cosa residua, nominalisticamente, dei movimenti ( più che altro di elitaria opinione ) che si oppongono alle masse islamiche? Alle masse islamiche si contrappongono ( o si offrono come alternative, ai Sauditi, agli Israeliani e agli Statunitensi? )faglie religiose in contrasto e una pletora di mini partiti e movimenti di forte caratura intellettuale, ma del tutto estranei al costume egiziano. Vedremo se le opposizioni, approdate al governo, sfruttando la piazza anti Morsi e l'aiutino dei carri armati, vorranno continuare nella prassi dei Fratelli musulmani, solo a segno rovesciato o se si riusciranno a stringere compromessi labili e mistificatori. Se ciò non avverrà, si aprirà un'altra leva jiadista o uno scenario algerino.

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