mercoledì 17 luglio 2013

Una dinastia in gattabuia.

L'arresto dei tre figli di Salvatore Ligresti e del capostipite stesso, ai domiciliari per ragioni di età, segna un atto di giustizia tardiva. Il patriarca è stato per decenni uno degli imprenditori più spregiudicati della triangolazione fra capitale, politica e imprenditorialità. Il vecchio Salvatore si trasferì dalla Sicilia a Milano e con grande capacità di penetrazione in quel mercato, si dedicò, come quasi tutti agli esordi, all'edilizia. Col denaro accumulato, cominciò a pendolare con Roma, dove, favorito dagli interessamenti continui dei partiti di governo cominciò ad occultare i suoi proventi in sfacciate e denunciate speculazioni e donazioni finanziarie, nelle quali la ricchezza delle commesse che la politica gli procurava, si alimentava delle continue tangenti che il costruttore, diventato finanziere elargiva. Tantissime operazioni grigie e nebulose sono passate per la galassia Ligresti, in un volano del quale è stato alimentatore e fruitore con un successo impossibile da conseguire onestamente in una sola generazione. Durante il suo splendore, è stato uno dei personaggi più celebrati nel mondo bancario. Col passar del tempo, si era convertito al ramo assicurativo, da sempre, insieme alle banche, crogiolo di interessi combinati, prima appaltati ai partiti, poi "protetti" dalla politica. Dopo quasi trent'anni di inchieste abortite all'origine, finalmente l'ipocrita inquisizione fiscale ne ha rivelato le trame più piccine e volgari, quali sono quelle di truccare i bilanci per escludere i piccoli azionisti dai dividendi, da spartirsi in famiglia, con una moralità del tutto opposta a quella che viene insegnata ai rampolli delle famiglie modeste e lavoratrici. Ligresti & figli sono sicuramente colpevoli, di questo e di molti altri reati che non verranno investigati. Puramente contingente, infatti, è stato l'impulso esogeno che ha prodotto la rapida sintesi investigativa, come le interruzoni della latitanza di "ricercati" da decenni. Speriamo almeno che la "moralità" nordica e i vincoli dell'Unione europea facciano giustizia del corrotto "generone" nazionale. Del sistema ancora in essere, nei suoi organigrammi attuali e storici, non resterebbe più niente.

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