sabato 21 luglio 2012

Mentre la dissenteria finanziaria dilaga.

Che cosa è il Fondo salva Stati? Avrebbe dovuto essere un fondo temporaneo, ma si è poi "deciso" che, nel 2013, si sarebbe trasformato nel cosiddetto meccanismo europeo di stabilità. Con un credito di 440mld d euro, si sarebbero dovuti soccorrere, a prestito, i Paesi potenzialmente insolventi. Il Fondo salva Stati, però, non finanzia l'Irlanda e il Portogallo, bensì le banche europee, a rischio di fallimento. il fondo prende a prestito il denaro grazie all'emissione di eurobond strutturati, concepiti ad hoc e composti, per così dire, a strati, dei quali il successivo garantisce il precedente, in una catena debitoria che si autoalimenta. Nel 2010, ad esempio, il fondo, con queste obbligazioni, rimpinguava l'Irlanda sull'orlo della bancarotta perché non era in grado di ripianare i debiti delle banche private. I prestiti erano stati concessi e raccolti in forza delle garanzie emesse dai rimanenti quindici Stati di Eurolandia, in proporzione al loro PIL. La Grecia non partecipava più: è infatti fuori dal mercato, sotto silenzio, dal maggio del 2010. La somma totale venne tagliata in tanti pacchetti, ciascuno dei quali conteneva una fetta garantita dalla Germania, un'altra dal Portogallo, un'altra dalla Francia. Per credibilità di garante, diversi tassi d'interesse. Questi pacchetti erano venduti come obbligazioni di Stato alle banche dell'Europa stessa, quantunque fossero e siano in stato di bancarotta, che deve essere solo dichiarata. Il paradosso del Portogallo: in stato pre-fallimentare e costretto a chiedere un prestito, ad alti tassi d'interesse, per conto dell'Irlanda, che lo porterà, prima che poi, a uscire dai mercati monetari, come già la Grecia, nell'omertà generale. Quando il Portogallo non sarà più in grado di sostenere gli interessi sul prestito, dovrà chiedere l'elemosina al Fondo. Stessa sorte per l'Italia, che ha contribuito in egual maniera a rifinanziare le banche spagnole, posponendosi alla Spagna sulla strada dell'insolvenza. Eppure, si insiste, a parole, con l'euro, quasi fosse un sostituto dell'ego, per permettere alle realtà finanziarie, bancarie e private, di riallocare i propri asset, riconducibili a singole famiglie e persone. Comunque, il Fondo dovrà continuare ad emettere, senza scopo che non sia transitorio, altri titoli di debito. Mano a mano che i singoli Paesi si sfileranno, l'onere aumenterà sulle spalle dei rimanenti. La speculazione, che altro non è che l'azione diretta o indiretta delle stesse banche, comprese quelle nord americane ed asiatiche, pur in crisi a loro volta, che procrastinano il loro redde rationem, si concentrerà, volta per volta, sul Paese marginale dell'Unione, i cui tassi d'interesse aumenteranno per titoli che non saranno rimborsati a scadenza e che non potranno neppure essere, di emissione in emissione, oggetto d'arbitraggio, finché non saranno più sottoscritti e questi Paesi saranno spinti fuori dai mercati. Di marginalizzazione in marginalizzazione, la cordata delle nazioni all'interno del Fondo sarà così ridotta che esse non potranno più sostenere il peso del debito totale, se mai lo volessero. In ipotesi astratta, alla fine graverebbe solo sulla Germania, ma, per allora, l'euro sarà già imploso.

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