martedì 10 luglio 2012

La nuova cortina di ferro intorno a Monti e la "macellazione" del presidente di Confindustria.

Il povero Squinzi, industriale minore e rappresentante di una industria preoccupata dagli effetti della recessione e delle misure antisociali sul mercato interno, sta pagando un doppio “torto”: Il primo è quello di aver vinto in Confindustria contro Bombassei, il candidato dei grandi “prenditori” (da Marchionne a Montezemolo a Tronchetti Provera); il secondo di aver detto pane al pane quello che pensava delle misure adottate dal governo Monti in materia di lavoro e spesa pubblica: “una boiata” (la controriforma del mercato del lavoro), “una macelleria sociale” (il decreto sulla spending review). Parole che avremmo dovuto sentire da Bersani e dalla Cgil sono state invece pronunciate dall’attuale presidente degli imprenditori italiani. Non si è rovesciato il mondo. Al contrario, dentro la crisi gli interessi materiali entrano in campo cercando di imporre soluzioni “confacenti”. Non a un “interesse generale” sempre meno tangibile, ma a quelli di gruppi ben delineati e potenti. Solo i lavoratori pubblici e privati non hanno avuto voce in capitolo dentro il Parlamento. Ma anche le “imprese che non possono delocalizzare” e che quindi devono stare attente al mercato interno si ritrovano davanti problemi irrisolvibili e che questo governo non ha interesse a risolvere. Squinzi rappresenta soprattutto quest'anima. Intorno al governo Monti e alla sua sintonia con i poteri decisionali a livello europeo (e transatlantico), si è stretto un cordone di protezione, anzi un cerchio di ferro, che non ammette dissonanze, neanche nei piani inferiori dei poteri forti. Tant’è che lo stesso Monti, conversando amabilmente in uno splendido giardino provenzale, ha lasciato intendere che non disdegna l’idea di rimanere al potere anche dopo le elezioni del prossimo anno. Ciò significa che a quel "posto lì" non potrà andarci neanche un Bersani, ma solo personaggi assolutamente integrati con l'establishment sovranazionale. E’ evidente come il garante politico e istituzionale di questo governo unico delle banche sia il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. L’ultima entrata a gamba tesa sulla riforma elettorale che va fatta subito, costi quel che costi. Al confronto, le “picconate di Cossiga” erano amichevoli suggerimenti.

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