domenica 18 ottobre 2015

(In)varianze.

Nei territori arabi espropriati dagli israeliani in Palestina, sono ricominciati gli atti di avversione di civiltà, fra lo Stato di Sion e i legittimi occupanti dei territori espropriati. Non esiste un barlume di possibilità di convivenza e men che meno di assimilazione subordinata all'interno delle istituzioni formali e democratiche d'Israele, da parte dell'etnia araba inassimilabile per sua indole e tradizione, soprattutto nel segno di una rozza colonizzazione e occupazione del proprio territorio. Di quel territorio gli israeliani hanno fatto una florida seppur arida base d'attività, cosa che ai palestinesi, per nulla supportati dai paesi arabi petroliferi, non era mai riuscita. Nella nostra ottica italiana, la lotta a mani nude, con le pietre e con i coltellli, della popolazione civile palestinese è vissuta come una forma simile alla nostra resistenza, ma è diversa, è tutt'altro. Non credo che nelle contingenze storiche attuali i palestinesi abbiano qualche possibilità di liberarsi dei sionisti, ma se anche fosse loro consentito, gli sviluppi della libertà ripiegherebbero sulla società tradizionale che l'occupazione ha relegato in un ghetto ed umiliato nella prassi quotidiana. D'altra parte i contendenti non si curano di apprestare nessuna forma di dialogo che non sia inclusivo, nel senso della sottomissione alle proprie prerogative ed interessi: una dicotomia insuperabile. Ed ecco allora che la incompatibilità fra due civiltà autoctone accompagna la vita di generazioni di dominatori e di reietti, in un reticolo di strade lungo le quali si incontrano, senza degnarsi di uno sguardo, non solo arabi ed israeliani, ma un crogiolo di ben identificate civiltà numericamente minori, ignare, quando va bene, le une delle altre e potenzialmente in conflitto. Al di fuori dell'ipocrita melassa cattolica, l'incompatibilità sovrastrutturale fra i diversi esseri umani è irrimediabile e non ricomponibile se non abdicando, casomai a favore di un mediatore, alla propria identità. E' per questo che, senza un territorio proprio, normato da una comunità statuale e difeso da forze armate interne, si è condannati all'oppressione, come ben sanno gli ebrei che non possono sfuggire alla meccanica dicotomia, né se ne peritano, sul piccolo suolo della Palestina, e fungono, in queste circostanze, da oppressori.

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