martedì 6 ottobre 2015

All'opera miei Prodi.

Il risiko bancario sta per conoscere un tentativo di riposizionamento politico e affaristico, tarato sui soggetti deboli e poco rappresentativi, ma comunque dominanti per i rapporti, da nessuno delegatigli, con i poteri forti europei. E' in cantiere la fusione fra il Gruppo Intesa, di prevalente influenza cattolica con Unicredit banca, di ferrea dirigenzialità massonica. Non è nulla di nuovo, se non una riedizione dell'accordo che legò alla Banca romana, nobili pontifici e nobili sabaudi. Da trent'anni si parlava di un'intenzione unificatrice delle tre banche d'interesse nazionale: il Banco di Roma, la Banca commerciale italiana e il Credito italiano. Poi, la liberalizzazione ci ha messo la coda. La Comit è stata punita per le sue pretenziosità creditizie, sciolta e data in pasto ai cattolici del lombardo-veneto, il Banco di Roma fu novato nella Banca di Roma, fuso con il Banco di Santo Spirito, utilizzato in funzione di aggregazione e di salvataggio del Banco di Sicilia e della Bipop-Carire. In cambio della sua presenza in aree non scelte e non particolarmente praticate, le autorità amministrative locali chiesero ed ottennero da Cesare Geronzi la creazione inutile di due Centri-servizi: uno a Campobasso, in Molise, per trecento avellinesi (sic) sponsorizzati da Ciriaco De Mita e uno impetrato dall'allora sindaco di Reggio Emilia Elena Spaggiari, all'incirca della stessa entità. Poi, quella che sembrava, per i tempi, la maxi fusione fra Banca di Roma e Unicredit banca, con spostamento progressivo degli affari dell'Unicredit all'estero. Ora, sotto l'egida riformatrice del grullo di Rignano e nell'ottica di una ulteriore, aggiornata ripartizione dei capitali e dei connessi interessi, ecco profilarsi l'uscita dell'Unicredit dal mercato nazionale, il conferimento del suo 30% di portafoglio Italia al Monte dei Paschi di Siena, anemica espressione del PD...toscano e il minestrone fra le tre entità egemoni del mercato creditizio domestico, di cui solo due, di marcata impronta catto-comunista, si sarebbe detto un tempo, a presidiare il potere del PD e di Renzie, in uno scenario complessivo di decadenza. La deindustrializzazione del nostro Paese, condotta alle conseguenze più nefaste negli ultimi anni, sotto la regia impropria di Giorgio Napolitano - come ha ribadito proprio ieri, Maria Elena Boschi, Ministro delle riforme - rilancia in forme volutamente mascherate, quanto evidenti agli addetti ai lavori, il clientelismo finanziario nazionale, senza però negare o trascurare quanto residua di attività economiche nelle aree sviluppate del nord Italia. All'opera miei Prodi, verrebbe da dire, dopo l'uccisione del padre. Nella parte mediana del sistema, ingranditasi negli ultimi vent'anni attraverso una serie di acquisizioni parziali di rami d'azienda ceduti o di piccole banche provinciali, si annunciano rimpolpamenti sulla falsariga di quelli già praticati e se, per la Banche popolari, si prevedono fusioni incestuose col solito corollario di spartizioni dei posti di potere e d'influenza e, purtroppo, anche del riposizionamento sindacale nelle nuove società, la galassia della finanza domestica è sempre più attratta da un centro di gravità spugnoso nel quale dovrà avere l'abilità di mimetizzarsi. Ci tornerò sopra.

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