domenica 2 giugno 2013

Non sense.

Nel nostro mondo, che è rimasto angusto, ma senza argini, né contrappesi, forniti da entità più pesanti e complesse, ma dissoltesi, sopravvivono - anzi, sono in ottima salute - applicazioni da cui sono discesi e si conservano costumi e tradizioni, non solo culturali, ma anche economiche, che si mantengono intatte, confuse nella babilonica indistinzione. Sono invece precipitate le istituzioni solidali, ma non romantiche, sulle quali si appoggiavano ed elaboravano la loro cultura le classi strumentali. Il pensiero ebraico ha favorevolmente influito sui momenti migliori della storia dell'occidente , ma, per una ostile rimozione, di questi contributi, importanti e costanti, in quelle more non si è mai fatto cenno: erano le istituzioni predominanti, anche culturalmente, a menarne l'esclusivo vanto. L'influenza del pensiero ebraico sul costume occidentale comincia con la Rivoluzione francese. Dopo quel progresso, gli Ebrei poterono dare il loro secondo maggior contributo alla civiltà della nascente società borghese, divisa in classi. Da tutte le trincee del fondamentalismo ideologico gliene verranno accuse. Il primo contributo fu un monoteismo tribale, che aveva fornito idee universalistiche ai fondatori della cristianità e dell'Islam. Durante il Medio Evo europeo, per la durata del quale solo nei monasteri si ruminarono e stravolsero, pur producendone fedele copia, i lasciti del mondo antico, gli Ebrei fecero da mediatori fra il mondo islamico e quello cristiano. Per questa loro non riconosciuta mediazione e medietà, furono pereguitati in forme più o meno accentuate: si passerà dallo sterminio di comunità locali, al tentativo di cancellazione "razziale". Il marchio specifico di ogni atto "etnicamente" compiuto è riconoscibile anche nei più generali capitoli storici. Ad esempio i colonialismi. Il colonialismo francese, fu, infatti, borghese; quello inglese, feudale. Ho deciso di citarne solo due, esulando da quelli spagnolo e portoghese, da quello tedesco e belga, perché, pur avendo la stessa impronta economica predatoria, non hanno conosciuto la caratterizzazione emblematica dei primi due. Il modello borghese ha cercato il coinvolgimento, attraverso la costituzione, di élites indigene e, se non altro ai fini dello sfruttamento, ha lasciato in eredità ai dominati, una mentalità parlamentaristica, istituzioni democratiche e intellettualità organiche ad un progetto troppo ambizioso per queste poverissime comunità. Gli Inglesi si comportarono con i colonizzati come sul suolo patrio. I coloni, in fondo, appartenevano alla classe dirigente, alla quale si erano assoldati, in qualità di manovalanza, tutti gli ubriaconi reclutabili negli angiporti. In generale, il modello borghese lo troviamo riproposto in molte economie industriali e finanziarie del nostro continente, ma anche il modello feudale, legato intrinsecamente alla mentalità fondiaria, sopravvive e, più che in inziative imprenditoriali, si conserva in pratiche finanziarie. In che cosa consiste il "protocollo" feudale? Nella territorialità dominicale, nella quale il feudatario è il dominus, il capo religioso o ideologico, o mix degli elementi, dei suoi sudditi, giudice unico e condottiero in campagne di difesa e di appropriazione. Rappresenta l'autorità suprema sul territorio a lui sottoposto ed è interpretato da una filiera ristretta di replicanti i suoi ordini e da una coorte ammansita con qualche tozzo di pane, al massimo di vino scadente. Il contadino, per parte sua, è costretto alle prestazioni gratuite e a cedere al sua produzione di maggior qualità. La filosofia e la normativa generale di sistema vigenti non contemplano queste entità, ma, nei dettagli, se ne nascondono parecchie. Nel nostro mondo, angusto ma globalizzato, i cui prodromi sono da ricercarsi nel turismo di massa che cominciò nella metà degli anni '70, oggi, per continuare a viaggiare, ci si è dovuti abituare, come negli ambiti lavorativi, come nella vita civile, alla fretta e al low cost, per declinare in una staticità, di cui ante, con il progredire dell'età. E' come se si fosse inconsapevolmente e, per questo, entusiasticamente acceduto ad un corso di addestramento e condizionamento volontario. Si viaggia ancora troppo, numericamente, a prezzi esorbitanti rispetto al trattamento di trasporto ed a quello di accoglienza, per emigrare. Di questi tempi, l'espressione editoriale dei nostri sentimenti ripiega sull'Arcadia, mai purtroppo superata, sull'impotenza, sulla finitezza rattrappita, ma si evita di citare la depressione, senza la quale non si spiegherebbero i tanti suicidi, gli efferati e quotidiani omicidi, la violenza indiscriminata per acquisire, più sciamanicamente che realmente, le facoltà altrui o per fare in modo che non gravino su di noi, quando si sono esaurite. Rispetto alla prassi, la legalità è diventata un argine, anche se la giurisprudenza ne risente. Senza i bilanciamenti, autosostenuti della tasse di chi le paga, le mani levigate ma grifagne dei detentori dei capitali si chiudono e non si lasciano più sfuggire nulla, quel nulla a cui anelano, da sempre, di riconoscere. Procediamo come mandrie, anche ai livelli governativi, ci lasciamo condurre al pascolo, anche se sempre più arido, alla stalla e, infine, al macello. Quando l'odore del sangue ci rivelerà il nostro destino, tenteremo di ribellarci, irrisi e spaventati da umani ancor più stupidi di noi. Ma l'ultimo sussulto sarà inutile. Qualsiasi forma di servizio ha già raggiunto prezzi d'esclusione. La salvaguradia lacunosa dei residui vitali contempla solo un insufficiente sacrificio personale. Fra gli animali da pascolo, il capo isolato che ha perso la coesione con il gruppo, anche se è un vitello, viene ignorato da tutti, tranne che dai predatori.

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