sabato 12 dicembre 2015

Nel labirinto del diritto, al quale non è estranea la cultura di un popolo.

Alberto Stasi è da questo pomeriggio consegnato alla carceri italiane per l'omicidio della fidanzata, che era riuscito ad occultare in maniera da non fornire all'accusa prove oggettive. Eppure e non ostante la richiesta del P.G. della Corte di Cassazione, l'ultima, nel rito processuale italiano, che aveva definito la condanna della della Corte d'Assise, irrazionale ed infondata ( ciò di cui si occupa la Cassazione ), ne ha confermato i termini e la pena. Da uomo della strada, ho sempre pensato che Stasi fosse colpevole e che cercasse di sfangarla mettendo a contributo la sua non banale mente da bocconiano, appplicandola al crimine ed ai termini di oggettività che sa necessari al giudizio penale. Chissà perché e chissà per come, il tribunale italiano ha "voluto" condannarlo e la Corte delle formalità pandettare ci ha messo il sigillo. Quanto all'oggettività, mi viene in mente quanto si è consumato di recente a proposito di Raffaele Sollecito e della sua fidanzatina americana, che, difesa dal quel manipolatore di carte di Joe Tacopina, ottenne in appello l'assoluzione che le consentì di tornare per sempre negli Stati Uniti. In un primo tempo, prese le distanze anche dall'ex e ormai lontano fidanzato, che ha minacciato querele e chiesto risarcimenti, dopo essere stato, a sua volta, assolto, per ingarbugliamento di prove. Raffaele Sollecito, prima della "grazia giudiziaria", era stato intercettato al confine - non ricordo se svizzero o austriaco - dove si trovava per caso e, nel corso del processo erano state chieste raccomandazioni, per lui, a politici del suo collegio, tramite il padre. Eppure, per riguardo alla dottrina e alla vaghezza indotta dalle troppe parole in una situazione altrimenti chiara e circoscritta, nella quale gli unici a pagarne le spese, sono stati un ivoriano, attualmente in carcere, per giusto motivo e un pizzaiolo, anche lui di colore che Amanda la volpe, aveva tirato in ballo, al suo posto, durante la prima fase del contenzioso giudiziario, per la pietra tombale che la Suprema Corte ha posto sulla narrazione giudiziaria della vicenda, i due giovani potranno vivere la loro vita, a Meredith negata per un gioco irresponsabile, confermato come tale dalla sentenza, che ne riafferma gli archetipi di costume, morali. Mi chiedo cosa stiano meditando in queste ore i genitori della povera Meredith.

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