venerdì 25 dicembre 2015

Contraffazioni.

E' un Natale come tutti gli altri, ben diversi eventi storici hanno intersecato questa ricorrenza. Roma, però, è da giorni deserta. Gli abitanti, usi ad ogni allegorica malizia e ad ogni pigra battuta dispregiativa di qualsivoglia presa d'atto d'impegno, importanza o gravità, stavolta hanno paura. Il loro istinto difficilmente sbaglia. C'è qualcosa di diverso. L'uso sprecone dei regalini inutili - anche per i cani di famiglia - si è ripetuto, per beni puramente simbolici e di poco costo che, cumulati, hanno prosciugato le tasche di molti connazionali. Durante le cene e gli incontri ciascuno ha continuato a recitare il suo copione, mentre, in famiglia, la realtà espressa è da tempo molto diversa, fatta di rinunce e di debiti. Eppure, così galleggianti, aggrappati a un salvagente traditore, in convivialità siamo indotti a riprendere la trama parolaia, intessuta di frequentazioni rotaryane, ma depotenziata di opportunità e di reddito. La retorica si adatta a tutto, ma continua a celebrare scelte pratiche, risparmiatrici, di miope orizzonte, come se precludessero al nuovo mondo, scientifico e tecnologico, mentre sono solo ripieghi. Ma le repliche dello spettacolo devono continuare, più che mai oggi, che siamo tornati a vivere di apparenze; continueremo a ripetere consunte litanie alle quali replicheremo con cori assuefatori, mentre la celebrazione del passato riguarderà i sempre più vetusti pensionati, la cui mitologia non macinerà più. Le donne si riciclano in rimodellate vesti e mansioni familiari, dal portare le vivande in tavola, dopo aver confezionato cenette, a competere con i partner's, quasi mai coniugi, sul nome del nascituro, eletto a compensazione di un vuoto interiore di lungo corso. vecchie e nuove rifacitrici di propsettive incerte o certe solo sul piano della greve materialità, adbdicatrice della qualità, perché spesso sconosciuta, impiegando il resto del tempo nella canasta o nel burraco. Gli uomini ridono sperduti di un senso negletto e non riagguantabile, i ragazzi vanno verso il loro destino con consapevole disincanto. Pesce alla vigilia, scofanate di intingoli a poche ore di distanza, Poi una difficile digestione. Intanto i malati continuano a morire, i pochissimi che sono di turno ad assisterli schiumano rabbia e insofferenza, manifestate anche dall'asprezza della voce. Le badanti alzano la posta della remunerazione festiva, se gli aggravamenti ne richiedono la presenza, si spera, ma non è detto, insieme ai parenti e nonostante un semplice spostamento del turno di riposo. La ragione non risiede nel loro particolare interesse; sono state costrette ad emigrare e, tranne le connazionali colleghe, non hanno spesso altre relazioni sociali, ma alla pressione volgare dei parenti rimasti in patria a laurearsi, a sposarsi e prolificare o, al termine degli studi, a barcamenarsi con stipendi di pcohe centinaia di euro, già rapiti però dalle suggestioni, in gran parte scemate in occidente, di una ricca "professionalità" e, per non perdere tempo, attingono ai bancomat remoti, disseminati all'estero. Queste festività sono una condanna ulteriore per tutti i poveri e i senza fissa dimora, non solo e non tanto per il contrasto con la frenesia festaiola, quanto per l'ulteriore rarefazione, il sostanziale annullamento effettivo, dei servizi assistenziali e purtroppo anche sanitari, in una corsa verso l'abbandono centrifugo della cura dei "troppo" anziani e dei "troppo" indigenti. Chi crede può vedervi il simbolo della croce, il Golgota di Gesù, ma, al di fuori della simbologia, l'animale contesa spasmodica e svantaggiata per una istintiva e nient'altro, sopravvivenza, accumuna, in senso proprio e figurato, gli homeless, sdraiati lungo i marciapiedi, fra le urine dei cani e lo scalpiccio che si fa più rado, fino a chiudersi, scomparire definitivamente negli androni delle case. Gridano afasiticamente nel deserto e muoiono in dignitosa ma non apprezzata solitudine, solo perché esclusi dalle contraffazioni del mondo.

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