domenica 13 ottobre 2013

Visto, come sono belli i miei figli?

Anna Maria Franzoni è già uscita dal carcere, al quale è stata giustamamente condannata, dopo l'indegna pantomima disimulatoria, susseguente all'uccisione di suo figlio, "dalla testa troppo grossa". Anna Maria Franzoni prosegue la sua pantomima, cucendo le finiture delle borse in una cooperativa parrocchiale attigua alla sua prigione. Quando lavora può ricevere i figli, il secondo dei quali procreato per ritardare la carcerazione, poco dopo aver sfondato la testa "troppo grossa" di Samuele. Intorno a lei, il marito e la colonia d'origine, del padre-patriarca, dei dieci fratelli dei quali Anna Maria è, è stata, la mediana. Famiglia cattolico-oscurantista, chiusa in se stessa, nella quale, per tutta la vita, il padre-padrone ha continuato ad esercitare la sua autorità, impressa nella psiche dei discendenti fin dalla più tenera età e mantenuta nel tempo attraverso il vincolo del benessere e di una impropria protezione. E' un modello che viene dai riti della terra, da una matrice culturale e sociale, oppressiva e pur contraddittoria, adialogica, vandeana e oscurantista, intrisa di primitivismi, anche per i pochi per i quali i frutti della terra sono stati tanti. La famiglia è infatti ricca e influente; da quella schiatta, lateralmente, deriva anche la moglie di Romano Prodi, la Flavia che non è un modello Lancia di automobile. Anna Maria Franzoni, infatti è pazza, ma una pazza comoda, di famiglia. La sua pazzia scaturisce dai certi traumi familiari subiti in quella setta della sua famiglia, nella quale, trovandosi nel mezzo del puzzle, non ha trovato vie di fuga; né sfruttando il sistema rompighiaccio dei fratelli maggiori, nè orchestrando la sua, personalissima, di pantomima per aggirare tabù, divieti, assimilazioni e controlli. Così repressa, ha enfatizzato una violenza simbolica, mentre la mente si ottenebrava nel ripiegamento. I simboli, per poter essere sacrificati alla propria invidia vitale, devono, per forza, essere piccoli, deboli, quindi sacrificabili. E così è stato, per l'infinitesima volta, senza che l'assassina ne potesse perfino avvertire la straziante ingiustizia e ferocia e senza che i parenti, tutti assimilati e correi, potessero o volessero disimbozzolarla dallo scrigno d'acciaio della loro malattia, che per manifestarsi, solo in lei ha preso la strada dell'assassinio di quel figlio "anomalo", diverso, dalla testa grossa, ma nel quale non è sola, bensì in loro "esclusiva" compagnia, in una versione, non grottesca, degli Addams. Ebbene, a me dispiace che le pressioni, cominciate prima e subito dopo l'arresto - dopo aver recitato in sincrono il familiare copione dell'omicidio sacrificale, per negarlo agli "estranei" - abbiano avuto così precoce esito "sfavorevole" alla giusta, non sadica, espiazione della pena di chi approfitta dei piccoli e deboli, gli unici sempre chiamati a pagare le tenebre "tradizionali" della psiche. Non so se, in segregazione, avrebbe trasformato la sua pazzia in forme ancor più involute e tenebrose , o, libera dall'influenza, anche fisica, dei suoi demoni, avrebbe conosciuto, per tragico paradosso, un barlume di resipiscenza e di libertà.

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