giovedì 31 ottobre 2013

E' solo l'inizio.

Sciopero dei bancari, dopo tredici anni. Si vorrebbe impressionare, dimostrando capacità di reazione, dopo tredici anni di acquiescenza interessta e colpevole. Così facendo, si è dimostrato che il settore doveva essere riformato, anzi, trattandosi di un settore strategico, cardine dell'economia, si sono assecondate le trasformazioni peggiorative che hanno afflitto ormai una generazione di bancari, spedendone diversi dallo psicologo. Il centro del dilemma consiste in questo: il contratto di lavoro deve essere ancora di categoria o deve diventare aziendale o, nella migliore delle ipotesi, di gruppo? A giudicare dallo strame che è stato fatto delle regole del Contratto collettivo di lavoro, si sarebbe tentati di aderire alla posizione dell'ABI - che non fa altro che ubbidire alla volontà dei Gruppi più grossi che la compongono - se non si sapesse che una deriva del genere porterebbe alla negoziazione individuale di salario ( sarebbe una unilaterale attribuzione di scopo, intrisa di variabili: base bassa variabili varie ), di orari e di demansionate mansioni, con annesso ridimensionamento salariale. Se, presso i grandi Gruppi, l'esperienza potrebbe dimostrarsi meno radicale e traumatica di come si prospetta, per la varietà di soluzioni che la complessità organizzativa comporterebbe, presso le banchette sarebbe un meschino bagno di sangue. Per questo è necessario che il riferimento al contratto "quadro" rimanga e che si ripari la cornice che si è deciso di infrangere. Il primo sciopero è andato bene: poche le presenze nelle sedi e nelle agenzie creditizie. Luci soffuse solo dal primo piano a salire, sostanziale paralisi degli affari. La botta dovrebbe essere stata avvertita. Non mi preoccupo, personalmente, del sostegno dell'opinione pubblica, mi accontenterei che rimanesse indifferente. Più scomposte sono le reazioni egoistiche agli scioperi, che si prolungano da anni, e sacrosanti degli addetti ai trasporti pubblici. Degli scioperi dei bancari, non si potrà commentare socialmente che nei termini dei mancati piccoli servizi di sportello per gli imbelli e di scandalo invidioso degli esercenti commerciali e delle categorie lavorative operaie e ausiliarie che ne vedono con soddisfazione il ridimensionamento omologatorio. Esibirsi in piazza serve allo spettacolo mediatico e, per questo, va fatto, ma lo spettacolo deve rimanere occasionale e circostanziato: dei fatti nostri non deve interessare che a noi stessi. Tanto per chiarezza, spero che le aziende non consentano più, a parità di disservizio, a uno stimabile cinquanta per cento di amebe elemosinanti, di prendere le ferie in coincidenza con gli scioperi. Anche se recuperano in smaltibilità delle assenze, perdono soldi e capacità di servizio. Quanto ai partecipanti allo sciopero, ciascuno con la sua autonoma sensibilità d'adesione, il primo risultato è stato ottimo, in linea con le statistiche dei tempi in cui non ci si cullava in demenziali collaborazionismi, dei quali, chi lavora quotidianamente non ha mai potuto apprezzare il vantato beneficio. Per chi?

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