domenica 6 ottobre 2013

Nebbia indolente.

Anche Carlo Lizzani, come Mario Monicelli, ha deciso di farla finita per tedium vitae et senectutis. Ai figli ha lasciato un biglietto semplice di congedo:stacco la spina. Poi ha fatto il volo dell'angelo decaduto, dalla finestra del suo appartamento. Carlo Lizzani è stato un'enciclopedia documentaristica, anzi veristica, del cinema italiano, ha descritto le trasformazioni della società post-bellica passo-passo, attraverso film e documentari di scarna ed essenziale documentazione. Uomo di cultura e autore di una enciclopedia del cinema, fu sempre impegnato nella vita civile, prima come partigiano e successivamente come testimone. Diresse, per alcuni anni, la Mostra del cinema di Venezia. Conferenziere garbato e sorridente, ha interpretato tutta l'evoluzione (?) della società italiana ed ha investigato con documentato realismo le sue pieghe più oscure. Romano, ha ambientato a Milano le sue opere più intense e dolenti, ha scandagliato la malavita e la prostituzione minorile negli ambienti "bene" della capitale economica. Quella di cui, recentemente, un Cavaliere meneghino si è reso ripetitivo protagonista. Nella personalità di Lizzani è sempre stata evidente una dolce malinconia, una presa d'atto, impotente, della miseria irredimibile della società democratica italiana. Lui che era stato combattente e sempre comunista, ha visto progressivamente svanire tutte le sue illusioni e, privo di giustificazioni trascendenti, ha infine deciso, a novantadue anni, di interrompere la sua opera di testimone. Quello che ha lasciato è già abbastanza, l'autentico documento filmico di due generazioni di italiani, immersi in una nebbia che non laciava intravedere speranze.

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