mercoledì 23 ottobre 2013

La mamma mucca.

Non immaginavo che fosse ancora in uso l'offerta, quanto sana e popolare vedremo poi, del proprio latte materno ai figli disperatamente avvinti, non alla pelle vuota delle donne africane denutrite, ma alle tette perfettamente ritoccate e intangibili per suzioni alimentari di altre, aristocratiche fattrici. Invece, ignorato dalla pubblicità, sussiste e resiste, anche in Italia, in Europa, ma soprattutto negli Stati Uniti, un business estesissimo e, come vedremo, non esente da sofisticazioni, strettamente connesse alle sofisticherie delle madri biologiche. Codeste, per limitare al minimo gli effetti del gioioso evento, sul proprio corpo, sul proprio tempo libero e/o professionale, ricorrono alle nutrici per ritardare le smagliature, alle tate, per salvaguardare la propria immagine sociale. Ma, se non c'è tempo né disponibilità ad accoglierle in casa propria e neppure l'attitudine a portargli i propri figli per una precoce ristorazione; si ricorre allora all'emporio industriale del latte umano confezionato e smerciato, attraverso una catena di mungitura, anche domiciliare, confezionamento e vendita. Nelle campagne d'Italia, le svenevoli "dominae" proprietarie, ancor prima di sgravare, prevedendo una montata pigra, allertavano le contadine, sempre incinte e a rischio di mastite, per la domestica sostituzione. D'altronde, nel fondo tutti collaboravano, compreso il coniuge proprietario, per così dire, primo addetto alla semina. La balia urbana si riprodusse in città, dalle periferie ai palazzi nobiliari: una delega materiale alla quale si accompagnava la vendita dei capelli più belli per toupées e parrucche. Sembra, da secoli, che l'aristocratica passività femminile mal s'investa degli adempimenti accessori, alimentari ed affettivi e che li demandi alle fantesche domestiche o in affitto, figure non riconosciute, ma "necessarie" dell'affettività. Queste poche investigate tracce, del tutto innaturali, ma spacciate all'incontrario per tali, si disperdono, ma resistono, nell'anonimato. Ma ecco che il velo, che sfuma ed occulta la prassi, viene sollevato in nord America, da un'indagine della Ohio State University attraverso la collaborazione del Cincinnati Children's Hospital Medical Center. Un bel giorno, questi studiosi si sono messi in testa di verificare il contenuto delle confezioni di latte materno acquistabili sui siti web. Ebbene, le analisi di laboratorio sono state tutt'altro che rassicuranti, un po' come per i prodotti cinesi, del tutto indifferenti alle norme sanitarie. Questo mercato minore, eppur ricercato e lucroso, si "alimenta", è proprio il caso di dirlo, di tanti, tantissimi batteri, tra i quali anche un'evidente contaminazione fecale, certamente causata dalla mancanza di igiene delle mani. Alcuni campioni contenevano anche salmonella. L'indotto commerciale trova le sue produttrici e i suoi confezionatori nei quartieri ghetto delle città americane, del nord e del sud, che agli inveterati costumi agresti o di corte urbana, hanno sostituito, senza averne coscienza, le condizioni della relegazione mercantile, gli usi destinati ai marginali e ai rifiuti. Le sacche di latte materno contengono i virus dell'epatite, della meningite, dell'HIV e della rosolia. Questi rischi sono già stati segnalati anche in Europa, ma, negli Stati Uniti, il latte materno non è sottoposto a controlli sanitari, perché è considerato uno degli alimenti comuni, che, se non sono certificati dal produttore, sono esentati dai controlli, come tanti consumi occasionali, quali gli hamburger, gli hot dogs, ecc. Ristorazione da strada. In Europa, invece, il latte materno viene "munto" e conservato nelle "banche del latte", che riforniscono anche gli ospedali pediatrici ed è ancora ovvio che le donatrici, meglio sarebbe dire, le venditrici, numerosissime, siano sottosposte a controlli specifici, mentre il latte viene pastorizzato. L'Italia, dopo la Francia è la maggior "produttrice" di latte materno in Europa. Il latte offerto in sostituzione del proprio, deve essere compatibile con il bambino, altrimenti viene rifiutato ed espulso, oppure può provocare dei danni. L'alimentazione al seno è fondamentale nello sviluppo di taluni organi e nella creazione e rafforzamento dell'apparato immunitario, quello che ci accompagnerà per tutta la vita. Negli Stati Uniti, si sospetta che non tutto il latte per neonati venduto sia di provenienza umana, come nella peggiore e speculativa prassi commerciale. In moltissimi Paesi non esistono neppure studi, ricerche e statistiche al proposito. Per essere sani, il latte materno rappresenta il nutrimento ideale e l'ideale, si sa, nelle nostre società è spesso svalutato a sogno derogatorio di un pensiero unico "razionale", che è, quasi sempre, una sublimazione ipocrita dell'egoismo e quale miglior educazione che esercitarlo fin dall'inizio? Le linee guida dell'Organizzazione mondiale della sanità indicano di allattare al seno i neonati almeno fino al compimento del primo semestre di età. Prolungare l' allattamento oltre il primo anno potrebbe, invece, precostituire le condizioni dell'obesità, attraverso la costituzione della "macrocellula", che però non ha altre controindicazioni. Il bambino allattato è protetto dalle malattie, anche a lungo termine e possiede una costituzione fisica più forte e resistente. Quando la mamma, per motivi veri, non è in grado di provvedere, bisogna ricorrere alla banche del latte che raccolgono le "eccedenze" delle altre madri e che assegnano e garantiscono il prodotto, secondo le caratteristiche del neonato. Ci sono molti centri di raccolta - scusate, mi verrebbe da dire di mungitura razionale - presso gli ospedali pediatrici. Spesso, il prelievo viene fatto anche a domicilio. L'esperienza pediatrica rivela che il latte materno, se per il bambino sano è un toccasana, per molti prematuri o affetti da patologie, è una base e un supporto terapeutico fondamentale. Purché non si cominci, anche da noi, a comprarli sul web, a prezzi scontati - forse basta ancora poco perchè ciò avvenga - e senza che smettano di sottoporli a controlli per riduzione dei finanziamenti, perché, in questo caso, l'esito sarebbe già certificato dalla ( sponsorizzata? )indagine americana: tre confezioni su quattro conterrebbero colonie di batteri.

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