mercoledì 10 aprile 2013

Smottamenti.

La causa della frana economica risiede nella corruzione, nel clientelismo e nello spreco, ma non ne vanno confusi i termini. Il problema è di etica pubblica, in mancanza della quale, l'esercizio di quella privata espone i cittadini migliori alla svalutazione e alla derisione. I popoli seri conoscono poche regole, il costume, pur libero, è autonomamente responsabile. La pletora maniacale delle proibizioni tradisce una lacunosa formazione civica e il sistematico abuso delle regole stesse che si sovrappongono inutilmente alla prassi reale e alle intime convinzioni. Il clientelismo serve a trasmettere il prestigio, il potere e la ricchezza ai figli di famiglia, a preservargli il girone d'eccellenza e a relegare i meno favoriti, anche a parità o se dotati di maggiori titoli, nella serie B della società. La presunta meritocrazia serve solo ad incentivare la dinamica delle applicazioni e degli adempimenti lavorativi, a compendiare in ciascuna persona la "cura della casa" come se fosse la propria, ma con ritmi e riscontri dettati da altri. Lo spreco va evitato, ma quanto richiesto e previsto per esercitare un'impresa, va assicurato e non deve poter sconfinare nella spilorceria e nella profittevolezza. Questo, semplicemente, distingue un'impresa, uno Stato, una società seria da un'accozzaglia di privatissime ed arbitrarie pretese. Queste cose non sono scritte nelle Tavole della Legge e tanto meno in quelle degli impegni e dei valori. Sono conquiste faticose e insidiate, da assicurarsi partecipativamente in sede politica e, soprattutto, sono conquista di ogni giorno.

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