sabato 20 aprile 2013

Il baraccone di Montecitorio.

Al baraccone del voto presidenziale, con fucili flobert o con palle, si abbattono i pupazzi designati a garantire un presmio ai partiti che li sostengono, nel corso di una legislatura più l'inizio della successiva, quando si rinegoziano gli equilibri. Il mercato sotto traccia, al quale l'lluminista meridionale Stefano Rodotà è estraneo e proprio per questo figlio di nessuno, tranne che di un popolare e neonato movimento di cittadini, registra ogni giorno rapidi decadimenti di candidati, evidentemente d'occasione, in una disgregazione di voti che molti leggono come un'irrimediabile decadenza, ma nella quale io intravedo invece il possibile rianimarsi di uno spirito democratico non più costringibile nelle angustie delle formazioni di necessità, in un processo di rigenerazione dei principi che sono alla base dei sentimenti politici e popolari, troppo a lungo costretti in un contenitore angusto. Le formazioni Quisling della Comunità europea e i tenacissimi movimenti ondulatori e sussultori dei reddittuari evasori e delle loro formazioni, impegnati su tutti i fronti illegali, fino alla salvaguardia personalizzata del capo plurinquisito, trattano fra di loro dopo aver trattato con prospettive avverse e altri partiti, fino a ritrovarsi, ognun per sé, a trattare, senza intendersi, tutti insieme, perché qualcuno, per calcolo o per virtù, contingentemente non conta, ha ritrovato la propria traccia nel disordine di Babilonia. Il flop di un sindacalista di compromesso, di un europeista troppo controverso per avere una sicura base di consenso e temuto, per esserne stato due volte su due sconfitto, dal Cavaliere ed ecco il dimissionario Bersani passare di incongruenza in incongruenza e andare a trattare, dopo Berlusconi, la nomina del Prefetto Cancellieri che della dissoluzione della democrazia è ormai il Commissario itinerante. In subordine, se accetterà, la riedizione dei comportamenti sostenutivi e "realistici" di Morfeo Napolitano, ormai alla soglia dei novant'anni. Che il Quirinale giovi alla salute e alla longevità, pare dimostrato, ma, piuttosto che dar corso ad una autentica riedizione della democrazia, tutto il cerume antico che incolla gli interessi e il potere, dimostra di essere ancora saldamente abbarbicato là dove è sempre stato, a costo di valersi di espressioni mummificate. Non si tratta di generiche invocazioni del nuovo, se i vecchi sono ancora vigli e raziocinanti: non sappiamo infatti se i Renzi della situazione siano onesti, competenti, ne capiscano poco, un po' o un cazzo; quello che si evidenzia è l'immutabilità degli assetti di potere e dei loro riferimenti, mentre la società è scossa da sommoviemnti incessanti e, attuamente, degradanti, senza che il potere istituzionale ed economico, nazionale e sovranazionale, ne sia coinvolto. Un Prefetto in pensione sarebbe la cassazione definitiva e certificata della democrazia parlamentare, alla quale nuocciono molto di meno le convulsioni delle opinioni finalmente recuperate. Per me, il professore della Sorbona Stefano Rodotà, giurista e difensore dei diritti dell'uomo e del cittadino, resta, salvo verifica, la migliore opzione, ma non garantendo il potere, è avvertito, da tutti e due gli schieramenti, come un possibile, auspicabile per noi, dissolutore. Ultim'ora: Morfeo Napolitano accetta il reincarico. Non può sottrarsi, forse gli riuscirà quanto non riuscì a tutti i suoi predecessori, ma il trascinamento degli squilibri noti e da lui stesso rimescolati, continuerà a bollire nel pentolone del quale ha accettato di essere lo sgangherato coperchio. la democrazia non è più rappresentata ai vertici delle e nelle istituzioni. Questo è un vero declino

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