domenica 7 aprile 2013

Epiloghi e prodromi.

La situazione economica e politica attuale, mentre si attende che l'elezione di un garante degli assetti di potere dei partiti e dei movimenti si compendi nella formazione di una maggioranza di governo per un anno o poco più, non potrebbe essere più da basso impero di come è e di come è stata in altri frangenti recenti della nostra storia nazionale. Allora era la D.C. a condensare e frullare gli ingredienti secondo le dinamiche delle sue correnti e le influenze esterne, atlantiche e vaticane, ora tocca al P.D., al termine del suo percorso post comunista e post tangentopoli, fatta esplodere ad arte quando i tempi lo hanno consentito, nella dinamica perversa del potere, fra le istituzioni. La destra, infatti, ha illusioni cicliche da proporre, rappresentazioni sceniche, orizzonti di gloria: sempre i suoi. Mentre tutto questo accade, silenti e defilati, due manipoli di nominati - nonostante siano state appena tenute delle elezioni politiche - maieuticamente assistono al parto convulso. Siamo in una fase topica della crisi, indotta dalle politiche finanziarie iniziate negli anni '80, involutasi in mille aggregazioni, innesti e amputazioni e che è sfociata nell'insostenibilità dei bilanci di quasi tutti gli Stati dell'area dell'euro, rappattumatisi, per confondere e denegare le responsabilità ( anche del peggior popolaccio beneficiario ) in un contesto teorico, nel quale chi si è trovato nelle migliori condizioni non pare più disposto a fare sconti e ad accollarsi le debolezze altrui. Ma, l'attuale, è anche un grosso momento di ristrutturazione di sistema. Di sistema integrato, nel quale non esistono più le separatezze della guerra fredda, nel quale non esistono più separatezze sentenzianti. Il caso del Monte dei Paschi di Siena è lì a dimostrarlo e a dimostrare anche di che uso "tradizionale" si volesse fare di un'importante entità finanziaria di nicchia, emulsionata nel sistema delle fusioni e delle alleanze degli interessi e dei dané - ora sul punto di scissione, vedrete, vedrete - senza capacità interpretative adeguate circa il processo delle influenze globaliste sulle intenzioni domestiche. La minor coesione degli apparati, saldati alle basi materiali dei "consorzi", aumenta la spregiudicatezza della magistratura, per decenni e decenni incollata alla sua comoda, burocratica inanità, intimidita dalle basse retribuzioni alle quali era legata nell'ambito del settore statale e dal quale si affrancò quando fu chiamata in causa da oppositori armati e poco inclini ai compromessi. Quanto accade non è originale; è già avvenuto alla metà degli anni '60, quando si esaurirono gli effetti del boom che in dieci anni trasformò l'Italia da società agricola in società industriale e cominciarono a manifestarsi criticità anche per i capitalisti ed i reddittuari, che innescarono con i loro comportamenti e con quelli fiancheggiatori delle forze politiche prevalenti di governo, delle varie correnti del reticolo aracnico, il crollo, la trasformazione, delle preesistenti costruzioni economico-imprenditoriali, in parte cessate, ma molto più consistentemente ricostituite in forme non facilmente riconoscibili, con dosaggi nuovi di reggitori, di capitali e di interpreti, ma sempre elaborate nelle già rinomate cucine. Furono invece tempi duri per i lavoratori, che a prezzo di fatica e lotte sociali ( sono oltre 600 dal dopoguerra i caduti ad opera della polizia e dei carabinieri, durante le manifestazioni sindacali, senza contare la carneficina dei caduti e mutilati sul lavoro ). Quando avevano appena finito di stentare per attestarsi su una condizione di sussistenza meno precaria, vi venivano ricacciati, di generazione in generazione, con minime variazioni nella stratificazione delle opportunità. Lo tsunami finanziario ha solo internazionalizzato il fenomeno, del quale l'esportazione dei capitali ha costituito un primo, bigotto prodromo. Bigottismo e provincialismo ben lungi dall'essersi attenuati, a conferma che i danni dello tsunami ricadranno ancora sulle fragili capanne di chi può contare sulle proprie braccia o su svilite competenze. Ancora una volta - perché è un replay, del quale le generazioni che si affacciano al lavoro come una condizione, una speranza, una consuetudine conformistica o una condanna, non hanno memoria né esperienza - si riapre il divario fra aumento delle produttività e paghe basse, anzi, il criterio dell'aggancio dei salari alla produttività, si inverte nella prassi piagnucolosa degli avidi bottegai, sedicenti imprenditori e ne rovescia il valore morale. Si rimanifestano gerarchie fra poveri e discriminazioni al loro interno, mentre la pesantezza degli orari di lavoro trova poche giustificazioni che non siano lo sfruttamento e il conseguente guadagno, in un contesto caratterizzato da innovazioni tecnologiche e da razionalizzazioni dei procedimenti produttivi e stride con la vanesia pubblicità della felicità outlet-consumistica e, soprattutto, con il valore e l'importanza del tempo libero, del pensiero sgombro dall'ossessione della sopravvivenza nell'ecosistema lavorativo. Negli ultimi tre lustri, la redditività è aumentata del 43% e i salari del 7% e, perdurando il silenzio e la passività, certamente a qualcuno non basterà ancora. La chiave di volta del contrasto al triste e ingiusto fenomeno è la contrattazione aziendale, che il padronato respinge, facendo di tutto per trasformarla in una paternalistica accondiscendenza intra moenia, da feudatari, alla quale si prestano per consonanza ideologica pratiche sindacali confidenziali, mentre, invece, l'aumento dei profitti legittima le rivendicazioni dei lavoratori. Siamo in un'epoca di arricchimento crescente per una percentuale numericamnete trascurabile della popolazione ma economicamente preponderante, nella quale sarebbe normale non dover temere il licenziamnto e non dover elemosinare l' assunzione, se il continuo rimescolamento delle carte societarie e le riforme criminali e superficiali di ministruccole meschine, non facilitassero il sadismo delle sempre più concentrate classi privilegiate, diluite in un contesto continentale sfuggente. Lo strumento tecnico di questa revanche reazionaria è stato la disdetta anticipata dei contratti di categoria, di quei settori che erano più sedimentati, ma non più forti, sull'abbrivio della slavina di rappresentanza della sinistra che si era irrobustita nelle lotte. Il grimaldello è stata la disunione sindacale confederale, conforme ai divergenti interessi politici degli ambienti ( i partiti si erano sciolti ) di riferimento . E' rinato - ma è debole e facilmente infiltrabile - l' associazionismo spontaneo. Il sacrificio è spesso la costante della vita, ma l'etica del sacrificio va rifiutata come la subalternità, mentre vanno ripudiate le distinzioni gerarchiche e sociali anacronistiche e, da qui, va rinvigorito l'accumularsi di speranza e di valori condivisi e, al tempo stesso. di domande esigenti. Non c'è nulla di originale in quanto accade: ogni volta che un'esperienza riformatrice ha avvio , si innesca immediatamente e prendono corpo nel tempo, tendenze prima riservate e poi sfacciate che, rapidamente, portano al suo svuotamento, ma la realtà, nelle condizioni sociali date, non cambia. Le storie finiscono, la storia continua.

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