sabato 27 aprile 2013

Quando lo Stato si riduce o è ridotto a privata parte in causa.

Siamo e non da oggi, in mano alla Conferenza Bilderberg, o, se preferite, ai cenacoli della finanza mondiale. L'Italia, senza essere L'Inghilterra ed essendo, un po', l'Irlanda, cerca sempre la condiscendenza del Santo Padre e, soprattutto, la benedizione dei Governi nord americani, di cui sono stati garanti, in questa fase storica, i due Letta, zio e nipote. Solo Berlusconi ha coltivato una stretta amicizia, oltre che con Bush junior - in tutti i sensi - con Vladimir Putin, un (ex)comunista utile, come sempre ogni altro, alla sua tutela personale, non fidandosi dell'intelligence statunitense. Sulla Conferenza Bilderberg, potrete trovare qualche delucidazione all'interno di questo stesso blog; per l'occasione, basti sapere che lo zio, ma anche il nipote sinistrorso, ne fanno parte. I tentacoli finanziari, a discendere, si ramificano e si estendono anche nelle istituzioni europee. Di tutti questi organismi fa parte Romano Prodi, fautore della forzatura italiana nell'euro, di cui stiamo pagando le conseguenze. E Napolitano? Napolitano ne è il garante, senza far parte, per diversa storia politica, né dell'uno, né dell'altro organismo. Ciò nonostante, per il suo realismo, è molto apprezzato dai condiscendenti potentati. Così, il Governo di larghe intese consentirà il riposizionamento degli interessi reciproci, pur se distinti, che la crisi dei bilanci statali, dissolvendo gli equilibrismi nei quali e tramite i quali, si acconciavano, chi meglio, chi peggio, anche le classi disagiate, ha scompaginato. La tecnocrazia è stata lo strumento di tutto questo, ben prima della breve esperienza golpista italiana, alla quale nessuno si oppose e ora si propone come terapeuta, indossando però le sembianze dei politici che vorrebbero riaccreditarsi. L'intellettualità tecnica e spesso pseudo scientifica, reclama per sé tutto il sapere (utile) e, secondo circostanze storiche, avrebbe potuto optare per diventare una burocrazia rossa, istitutiva, in nome della classe operaia, del regime più oppressivo fra quelli sperimentati, oppure, come nelle evenienze attuali, prendendo atto che il potere risiede altrove, nel capitale privato, ne è diventata l'ancella. Lo Stato che si adatta e adatta la società esclusa ai presupposti dominanti, non è l'unico centro di potere, nella nostra società. Ne esiste un altro: la concentrazione di capitali privati. Quindi, lo Stato, che dovrebbe essere una salvaguardia contro gli abusi del capitalismo è sotto attacco, perché ne diventi invece il veicolo. Il capitalismo si fonda sulla produzione incessante di profitto, non sulla soddisfazione dei bisogni. Perché il profitto si rigeneri è necessario che ci sia una crescita costante, condizione che, nei frangenti che viviamo e con la pretesa di condurre a uniformità i bilanci di economie diversissime - oltreché di popoli diversi - risulta impossibile. Non esiste una legge economica in base alla quale le aziende devono agire nell'interesse degli azionisti - è solo lo scopo esclusivo di chi conferisce i capitali e che spesso rappresenta un ambiente, una cricca più o meno elegante - e non degli stakeholders, laddove si intendano tutti quei soggetti su cui si ripercuotono le decisioni degli associati: manodopera, comunità.. Ma tutte le politiche ( una sola in diverse modulazioni interpretative )messe in atto al tempo dell'austerità sono funzionali al consolidamento del potere, attraverso l'arricchimento privato di chi sopravviverà aziendalmente. Il popolo aveva conquistato troppa - in rapporto a che? - libertà e bisognava passare, ritornare, al controllo dei comportamenti e dell'opinione pubblica. E' difficile elaborare una spiegazione di questo comportamento che non sia il conflitto di classe, condotto, in questa fase, dai padroni nei confronti delle maestranze, punitivamente sempre meno, ma comunque potezialmente competitive. Lo scopo e l'effetto di tali politiche - esercitate anche dalla sedicente sinistra e dai sindacati - è di indebolire e possibilmente cancellare lo stato sociale - la maggiore conquista del Novecento - e ridurre, se non annullare il potere dei lavoratori. Questo è e va definito conflitto di classe, a parti inverse rispetto a quello tradizionale; va nell'interesse dei banchieri e degli organismi finanziari, ma è un disastro per la popolazione. Lo strumento per realizzare quanto con chiarezza si prospetta ma che non si omette di mascherare con chiacchiere propagandistiche da parte di quasi tutti gli organi di stampa e di tutte le televisioni, è costituito da un governo che sarà espressione di una grande maggioranza - ma se non si sarà trattato di mera tattica di potere, chi si è opposto alle candidature non condivise al Quirinale, dovrà tornare a farsi vivo - ma non sarà riconosciuto dagli elettori. Le decisioni che prenderà si prospettano, di conseguenza, come molto autoritarie. Il tossico carburante di un motore con componenti incompatibili è lo spirito aziendalista, di cui non è depositario il solo Berlusconi, ma tutti i mestieranti della politica. Questo spirito maligno, perchè incongruo agli ambiti ai quali si pretende di applicarlo, si è da tempo esteso alle Scuole e alle Università e, in proporzione alla sua accettazione, anzi, alla sua invasione. è più o meno prodigo di finanziamenti privati. Le facoltà sponsorizzate saranno poi prodighe di consulenze e suggerimenti su chi assumere, esulando naturalmente da qualsiasi spirito critico che già dalla fase acquisitiva, gli studenti impareranno a mettere da parte. Va considerato che l'istruzione pubblica - purtroppo ampiamente svilita dall'egoismo e dalla pigrizia di troppi docenti - come l'altra grande assente delle disamine politiche - dopo la brutale e incontestata riforma Fornero - la previdenza sociale, si fonda(no) sul principio di solidarietà. Per i privati, codesti sono sempre stati portati ( oggi residui ) di una concezione insidiosa, per la quale ognuno di noi fa parte di un tutto ( e non di un tutto aziendale ) e dobbiamo condividerne le necessità. Se ci fosse, la solidarietà renderebbe gli individui difficilmente controllabili e impedirebbe che diventassero soggetti passivi nelle mani di privati come loro, ma in condizione di vantaggio. Occorre e sussiste - eccome! - una macchina propagandistica che corregga ogni deviazione dal principio della dipendenza ai sistemi di potere. La vera questione, è il diritto alla contrattazione collettiva delle condizioni di lavoro, delle retribuzioni e dei ruoli. Il mondo imprenditoriale che conta politicamente, vuole annientarlo. E' in atto una vera e propria eversione dei datori, ma anche necessitanti, di lavoro. Sono e saranno codeste politiche che arricchiranno una fetta molto piccola della popolazione ( la stessa a cui certe pubblicità promettono l'accollo dei balzelli fiscali, in cambio del deposito dei loro capitali - quei pochi rimasti in Italia: siamo il terzo Paese al mondo per evasione fiscale che è stimata dall'U.B.S. in 150 mld di euro )e che penalizzano tutti gli altri, sia in termini puramente economici, attraverso la riduzione del reddito reale, sia in termini di qualità della vita e di diritti del e nel lavoro. Da ciò, per me consegue, che non si possono imporre i pricipi vetero-liberisti del profitto, senza un regime repressivo del quale lo Stato si fa vindice cointeressato. Se così non fosse, come sarebbe concepibile la legge in gestazione in Grecia, che prevede il carcere per chi non sia in grado di risarcire i debiti da 5.000 euro in su?

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