venerdì 19 aprile 2013

Papi e regnanti o reggitori.

Ieri Marini e Rodotà, oggi Prodi e Rodotà, i partitini e le correnti agitano i loro candidati, perfino il governo tecnico propone un commissariamento prefettizio per domani. Fra la foia di tutela degli interessi sovranazionali e quelli ponderosi, ma di nicchia, indigeni, qualche piccolo Ras si ripropone, dall'estero dove si rifugia per sfuggire allo stress. Non si capisce perchè il PD rifiuti Stefano Rodotà, che è stato il primo presidente del suo recente antenato, il PDS. Forse perché è sempre stato un indipendente di sinistra, un illuminista giuridico, esegeta dei diritti che fanno raggricciare la pelle, sia ai già comunisti, sia ai cattolici che compongono ecumenicamente, ma ibridamnete il maggior partito popolare? Infatti, Rodotà ha insegnato per anni alla Sorbona e anche nei modi, nell'aspetto e nell'eloquio, assomiglia a un filosofo dell'enciclopedismo in veste di dignitario della Corte del Roi Soleil. Domani con chi dovrà vedersela Rodotà, che aveva preso anche 37 voti del PDL, che oggi gli sono mancati perché montiani e berlusconiani sono saliti sull'Aventino per paura di Prodi, meno succube dei diktat europei e meno legato ai circoli economici e finanziari più esclusivi, oltre che autentico ba-bau di Berlusconi. Allora, avanti con il penoso spettacolo di una coorte da Basso Impero, in un contesto sud americano sempre più accentuato.

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