domenica 29 settembre 2013

Tempeste di sabbia.

La destra si riacconcia sulle spoglie del settanttasettenne giubilato di Arcore. Tutto sorrisi e borotalco, Mario Monti sorreggeva amoroso Giorgio Napolitano, che aveva tenuto un discorso di commemorazione, alla Bocconi ,di un economista romano, molto addentro alla politica, Luigi Spaventa. Appena il Presidente sarà morto o si sarà dimesso, sarà già tanto se gli manderanno gli auguri per le feste. Il Re travicello, per parte sua, non doveva ignorare il senso implicito di riconferma del pupillo della Unione europea che aveva cooptato in Senato e al Governo, prima che, ignorante dei meccanismi politici e della sensibilità popolare, si sgonfiasse come un soufflée alle elezioni. Più prudentemente, Luca Cordero di Montezemolo, figlio naturale dell'avvocato Giovanni Agnelli, non si era presentato. Resta in zona, manovra, arruola, congeda. Su questo sfondo sciapo e moderato s'intravede sempre l'angelico Pierferdinando Casini, la cui ipocrisia si conserva ai vertici, solo un po' stantia, riconoscibile, sfilacciata. Non so se oggi, i cosiddetti moderati amino le cerimonie di questi manichini del buon senso e del ben pensare, presumo che vi si acconcierebbero di nuovo se i loro sospiri prendessero la forma del potere conservatore e conservativo. C'è, però, il convitato di pietra della Unione europea, che rompe le uova nel paniere: i moderati hanno beni al sole, all'ombra e risparmi da parte, vogliono perpetuarsi dinasticamente nei centri di potere, nei ruoli professionali e molti dei loro rampolli, del benessere, hanno mutuato solo la pigrizia e non sono più proponibili in un contesto competitivo. La sinistra è più rassicurante, perchè, fatti salvi i suoi strapuntini del potere, potrebbe scoprire l'apertura progressista dei giovani e meno giovani della classi "colte", anche se hanno studiato dai Barnabiti o in altro cenacolo privato e se il titolo di dottore gli è stato attribuito per convenzione o alla libera università del parcheggio. Se poi la polla del debito pubblico si isterilisse e impedisse di proseguire nell'appeseament del clientelismo spicciolo, l'aspetto di moderazione dovrebbe necessariamente venir meno e lasciar spazio ad una repressione legale e a una relegazione sociale da vetero capitalismo che, da noi, riesumerebbe anche le mummie. Oggi la destra "sociale" è in armi, non vuole pagare tasse per prestazioni da cui rifugge, riservate a categorie che aborre e da cui si guarda. Si sente depredata dalle politiche rigorose, ma recessive, di cui Letta junior, per investitura di Napolitano, si è fatto interprete. La pseudo sinistra che attende solo il momento di dividersi, conta, nel frattempo, di mettere le mani sulle manopole o sui bottoni della stanza di comando, di accreditarsi come partner affidabile presso le entità che contano sul continente, propinando ai propri accoliti la solita broda dei sacrifici e della condivisone dei medesimi, solo fra di loro. Già in questa fase, alcuni si riposizioneranno, per non rinunciare ad un'opportunità fortunosamente afferrata. I mestieranti della politica trasversale non avvertiranno la pesantezza e la desuetudine della loro eterna presenza perché l'unica ragione del voler esserci consiste di già nella nostalgia epidemica di chi è deputato o senatore da soli sei mesi. Su questo spappolamento si baseranno i tentativi di autocommissariarsi. Quando Berlusconi passò la mano, rimettendo nelle mani del Presidente della Repubblica il mandato che aveva ricevuto dai suoi elettori, consentì contemporaneamente quella politica delle tasse che oggi, dopo la sua condanna penale, contro la quale reimpugna e brandisce il gladio, di nuovo oppositore, nella prospettiva di nuove elezioni. Se vi acconsentì, è da ritenersi, che avesse avuto degli affidamenti circa la sua situazione giudiziaria complessiva, non solo relativamente all'evasione fiscale, per la quale è stato sanzionato. Poi, questi patti occulti, non dimostrabili ma praticamente certi, se la logica ha un senso e la politica una tradizione, non sono stati rispettati. Gli attori, come nella trattativa storica fra lo Stato e la mafia ( o Stato minore ) sono stati molteplici, il copione è stato stravolto da altri interpreti giudiziari, giornalistici, istituzionali e tutto è ritornato in uno stato di indeterminatezza, nella quale nessuno è disposto ad essere cerimonialmente sacrificato, ancorché colpevole. Incalza, oltre alla Comunità europea ed alle sue procedure di commissariamento, già in elaborazione, il processo di Palermo, nel quale i P.M. insistono nel citare l'unico testimone noto e vivente, eccetto Mancino, dei conciliabili intervenuti fra l'ex Ministro dell'Interno e il suo Consigliere giuridico e con lui stesso, a proposito di altri conciliabili fra alti ufficiali dei carabinieri e capi mafia latitanti, non più latitanti da un certo momento in poi, sostituiti da altri boss, alla cui elezione avrebbero contribuito, incarcerando, infine, il vecchio capo branco, per far posto al nuovo, dimostratosi collaborativo. Proprio quegli apparati che, istituzionalmente, avrebbero dovuto annientarli. Cos'altro annienterebbero se fossero conseguenti? Se la Grecia è palesemente uno Stato senza alcun titolo per stare in questa Europa, temo che anche l'Italia, su molti ed intrecciati, anzi aggrovigliati aspetti, sia fuori dai parametri per fare parte del nucleo dirigente dell'Unione e che rischi di doverne prendere duramente atto.

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