sabato 21 settembre 2013

Il ciclo che si chiude.

Esco velocemente di casa, ma quasi barcollo. Passo dalla lavasecco di prima mattina, poi entro rapido, per chiedere due specialità, in una farmacia semideserta, nella quale, appoggiato al banco, un cliente intrattiene le farmaciste presenti parlando di chemioterapia; mi avvicino, non è la sua. Accenna ad un lui, loro si congratulano: "è peggio quando non la fanno". Bisogna accontentarsi. Alle dieci devo essere alla cappella mortuaria del Sant'Orsola dove si celebrereranno le esequie del papà di Le'. Arrivo in anticipo ma non trovo parcheggio. Risalendo il viale trovo ricetto quasi all'intersezione con via Mazzini. Trascino il mio pachidermico sembiante a ritroso, devio nella viuzza che porta al ricovero funerario. Il cortiletto - lo avevo già notato prima - pullula di convenuti, le tre camere ardenti sono tutte piene, tranne quella di Giuseppe che è appena stato portato, confezionato, in chiesa. Vi accedo dallo scivolo dei catafalchi e, contemporaneamnte, inizia la funzione. Ero intenzionato a salutare i famigliari abbandonati: la moglie, che osservo affranta, inginocchiata in prima fila con il capo fra le mani, accanto al figliolo, ricercatore di fisica all'Alma mater, che avevo avuto modo di apprezzare in uno speciale televisivo sugli studi condotti in Norvegia su affascinanti fenomeni di rifrazione luminosa. Accanto a lui la sorella, fidanzata di Ricky e imprenditrice di una piccola attività di produzione e commercializzazione di macchine tessili. Rimango isolato dai miei parenti, in mezzo a numerose persone di tutti gli abbigliamenti. Mi sovvengo dei manierismi della mia ditta: non andrei al suo funerale, oppure ci andrei molto elegante. L'officiante porta una fede matrimoniale al dito e scarpe sportive ai piedi: è dunque un diacono laico ed ha famiglia. Il rito non prevederà la comunione agli astanti, ma il sermone sarà bello, filosoficamente coinvolgente. Potrebbe essere, appunto, un professore di filosofia. Darà importanza al povero Giuseppe, con parole in linea con la dottrina ma calate nel reale. Parla del Gesù riconoscente agli apostoli per essere stato da loro sfamato, accudito, curato e visitato in carcere che, al loro stupore, immemori di queste circostanze, chiarisce che ciascuno di questi gesti offerti a chiunque sono stati resi a Lui. Il brano è tratto dal Vangelo di Matteo, il Santo oggi celebrato. L'officiante rivela che Matteo è l'evangelista preferito di Papa Francesco, che proprio in questa data, sessant'anni fa, sentì interiormente la chiamata del Signore. Così Giuseppe è stato artefice e beneficiario delle stesse attenzioni, per se, per i suoi cari, per ogni gesto caritatevole. Si coglie preparazione e sensibilità e aperta concessione alle "intenzioni" di questo Pontefice. Parla infine del fuorviamento ossessivo e della schiavitù del denaro e della fretta di consumare atti convulsi per acquisirne sempre di più, dell'uno e dell'altra, fino alla rivelazione finale di aver vissuto per niente. Deplora la fretta ansiogena. Io lavoro proprio in un ambiente di scristianizzati. Si esce dalla porta principale per far posto ai riti successivi. I necrofori hanno saldato le viti della bara all'inizio della cerimonia, un cero elettrico sovrintende quotidianamente alle commemorazioni che, mi rendo conto, anche quando sono belle e impegnate come quella che ho ascoltato, volano sulle ali dei principi e poco colgono, se non per caso ed impressionisticamente, della natura spenta dello scomparso. Esco. Una signora in lacrime si dispera: "è possibile che non trovi la strada, che si sia perso in una circostanza come questa?" Non so chi sia, penso ai soliti figli che si erano persi da quel dì e che coerentemente non ritrovano la strada. Casomai non si vedevano da anni. Risalgo il viottolo squallido e noto che vi hanno aperto alcune succursali di imprese di pompe funebri, storicamente abbarbicate nei paraggi della Certosa. Dal cortile del policlinico esce un'ambulanza gialla e rossa su sfondo bianco, che reca l'indicazione "Misericordia" di Reggio Calabria. Va veloce per quanto lo consente la stretta sede stradale. Ha consegnato il pacco e torna indietro. Anch'io devo affrettarmi: il frigo è vuoto e il breve fine settimana è zeppo di impegni. La famiglia di Giuseppe lo accompagna al cimitero. La moglie è spezzata; il suo percorso si interrompe, forse finisce. Quello del figlio maggiore, della sua famiglia è in corso, quello di Lè deve ancora trasformarsi per reiniziare. Mentre le metastasi lo distruggevano, ormai in preda ad una emorragia cerebrale, Giuseppe ha invocato, non Dio, ma sua madre, come fanno tutti coloro che muoiono. Si chiude il ciclo, cominciato con eros e conclusosi con thanathos.

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