venerdì 20 settembre 2013

Disdetta, tremenda disdetta.

E' passata quasi inosservata ( o è solo una sensazione ambientale deformante? ) la disdetta anticipata del CCNL del Credito da parte dell'ABI. La meraviglia e la preoccupazione allignano nei ranghi dei sindacati complici – CGIL compresa -, ma le preoccupazioni che coltivano non sono le stesse. I sindacati si sono gravemente indeboliti durante gli ultimi venti anni; in cambio di una supplenza durante i Governi di centro sinistra, hanno abdicato alla loro autonomia e deprivato le categorie professionali dei loro caratteri e degli istituti faticosamente e costosamente conseguiti da più di una generazione di lavoratori. Nel nostro specifico settore, si è abbandonata la contrattazione normativa, si sono aggiunti quattro soldi alle retribuzioni e, in cambio, si è consentito ad un'indeterminatezza di Accordi Quadro, all'interno dei quali, per le nuove generazioni di lavoratori non è previsto nulla di cogente ( se non per loro ). Le Aziende di credito hanno poi concordato con il Tribunato della plebe una sistematica azione di sostituzione, attraverso esodi, tarati su di un anticipo medio di cinque anni rispetto al pensionamento legale, che hanno visto una corsa alla quiescenza anticipata di tanti ancor giovani operatori. Il Fondo di sostegno al reddito per il personale del credito ha costituito, fino all'ultima tornata, una garanzia e un affrancamento per il personale che ancora aveva nella sua faretra una gamma di regole di contrasto normative al "cupio dissolvi" capitalistico. Così, i sindacati complici, hanno mantenuto inalterati i loro assetti, la loro rappresentanza, nell'ambito categoriale. In questi anni sono usciti e sono entrati, in sostituzione, ma nell'ambito di diversi assetti organizzativi, quarantamila addetti. Nel contempo, l'ubriacatura finanziaria, semplificatoria ed infondata, la creazione di una moneta unica che ha rivelato le discrepanze economiche fra il nord e il sud dell'Europa ( con l'eccezione dell'ancor povera Irlanda ), le ripercussioni sulla produzione e la vendita dell'industria nazionale, le malversazioni finanziarie e le paghe spropositate dei manager, che, se in passato non influivano sulla sostenibilità delle aziende, oggi la condizionano realmente, hanno affossato i bilanci dei grandi Gruppi. Codesti, nonostante la rarefazione dei finanziamenti alle piccole e medie imprese ( che hanno cessato, a migliaia, la loro attività sul territorio nazionale ), continuano ad agire nel Corporate, senza riceverne, per ora, che insolvenze o ritardi nella resa. Per questo, la loro Associazione di categoria, ha rotto gli indugi ed ha affermato nella lettera di disdetta di voler procedere ad un incremento della tecnologia applicata e a un proprozionalmente maggiore superamento del lavoro umano. A questo punto, le strategie sindacali, richiamate in servizio dalla prospettiva di veder sterilizzata e, quindi, in futuro cancellata la loro influenza, sono destinate a divergere, offrendo ad una managerialità professionale – non più quindi al vecchio, individuato padrone – numerose occasioni di vittoria. Le Confederazioni possono illudersi di recuperare domani, in altri settori merceologici, le masse che gravano sui bilanci e sui back-office, quando e se sarà "superato" il contratto nazionale unico, mentre lo storico e maggioritario sindacato di categoria, la FABI, potrebbe vedersi costretto al ruolo della FALCRI dopo la trasformazione delle Casse di risparmio in SpA e della Federdirigenti, dopo il superamento delle figure dei Funzionari e l'introduzione dei Quadri ( anche se i funzionari non erano dirigenti, cominciarono ad inquadrarli nei loro ranghi, insieme agli impiegati "d'alta professionalità" ). In realtà, ritengo, i nuovi precari andranno ad ingrossare le fila del disincanto e alcuni fra i più giovani, fra loro, aderiranno, almeno sentimentalmente, alle Unioni sindacali di base, ignote o quasi in Emilia Romagna, ma ben presenti, anche se inconcludenti, a Milano, Roma e Genova. Anche se siamo solo nella fase, embrionale del fenomeno innescato, si ritiene che l'obiettivo massimo dell'ABI consista nel superamento definitivo del CCNL e nella sua sostituzione con un caleidoscopio di contratti aziendali, riguardanti i comparti Fidi, Finanza e quanto di ipoteticamente lucroso il "commerciale" possa prevedere. Uscirebbe, quindi, dal perimetro bancario, il 50% dell'organico attuale, al quale sarebbe demandata un'altra contrattualistica, con assegnazioni specifiche. In questa prospettiva, la CGIL si è "portata avanti con i lavori", infatti, da tre anni il coordinamento della FISAC ( bancari e assicurativi ) è stata affidata a un dirigente sindacale proveniente dalla categoria dei tessili. Il bradisismo bancario data dalla fine degli anni '80. Fino ad allora, la categoria, che pure aveva perso la scala mobile anomala, grazie all'incipit egualitario – com'è ovvio, al ribasso – delle confederazioni, CGIL in testa, aveva goduto di buone retribuzioni, incentivi orizzontali ed istituti contrattuali addirittura comodi, come le cure termali pagate nella misura di quindici giorni all'anno, in aggiunta alle ferie. Da allora, l'introdotta e guerrescamente magnificata competitività, l'obiettivo esclusivo del profitto al quale non si accompagnava un'espansione del mercato, il raggrinzimento egoistico dei piccoli e medi gruppi, vessilliferi di ambienti familiari censitari, procedeva nella finzione dell'arricchimento cartaceo, fino alla sua implosione, al forte depauperamento dei risparmi investiti in Borsa, agli affidamenti ed ai bilanci fondati sui derivati, sostanzialmente sulle scommesse, come ora che l'unico target in espansione è quello delle sale da gioco, senza che neppure la legge nazionale sul gioco d'azzardo sia stata modificata. Assecondare anche questa deriva vorrebbe dire sparire per il Sindacato autonomo dei bancari, assoggettato alle altre mille categorie professionali, già destrutturate e parcellizzate attraverso il cavallo di Troia dei contratti atipici. Sarebbe però anche la fine di una categoria, che indubbiamente fu privilegiata sul terreno del lavoro dipendente ( e che proprio per questo richiedeva all'ingresso di robuste raccomandazioni ) in un'indistinzione proletaria, para istituzionale nelle messe cantate delle confederazioni nazionali, quattro, perchè al sud la UGL è forte e rappresentativa, come la messa in volgare e i cori cantati, tipici della tradizione protestante, introdotti anche nella Chiesa cattolica dopo il Concilio vaticano II. Dopo decenni di appeasement, di rinuncia e di ignavia, saprà l'attuale categoria riemergere dal coma in cui l'hanno precipitata gli "ozi di Capua" degli imbelli tribuni della plebe, tattici e strateghi senza potere? Su quale versante politico si orienterà l'azione? Quanti saranno gli equivoci gladiatori? Soprattutto, quanto di questo percorso accidentato era stato "disegnato" negli approcci collaborativi degli ultimi anni e quanti contatti, non evidenti, avvengono nelle ridotte della preannunciata ( per l'ennesima volta ) "svolta epocale"? Infatti, di epocale non c'è niente, soprattutto nei comportamenti e nelle tattiche di corto respiro di un sindacato che non sa più uscire dalle contraddizioni in cui si è avvitato e nelle algide "determinazioni" di un'associazione padronale che, nel frattempo, ne ha combinata qualcuna in più di Bertoldo, in combutta con una politica trafficante e priva di bussola. Il dibattito sta per aprirsi, tranne che nel solito baluardo di valori pre democratici e di uniformi costumi.

Nessun commento:

Posta un commento

Sono graditi i tuoi commenti