martedì 3 settembre 2013

La guerra che verrà.

I tempi dilatati che gli Stati Uniti e la Francia, che sembra la moglie interessata che pungola il marito, si sono dati per attaccare la Siria, sono costellati di esercitazioni e dettagliate preparazioni. La replica di Assad alle accuse di avere usato i gas nervini, è logoca e discorsiva, priva di diplomazia e di reticenze. Si chiede, infatti, il Presidente se a qualche d'uno sembri logico usare mezzi di morte indiscriminati nelle stesse zone occupate dalle proprie truppe, parte delle quali ne ha subito le conseguenze mortali. Con questa dichiarazione, Assad ha voluto rimarcare come la "condanna" franco-americana sia ipocrita e, supportata dal battage mediatico, anestetica della sensibilità pubblica, verso un intervento a lungo pianificato, dato che, in due anni, i ribelli non hanno fatto autonomamente passi avanti. Diventa quindi necessario disarmare il regime per consentire alle proprie truppe cammellate di "vincere la battaglia per la libertà" e consegnare parte delle forze disorganizzate all'influenza di Al Qaeda. Di fronte alle bugie americane, la ragion non vale, non è mai valsa ogni qual volta si sono decise azioni militari contro i competitori, avversari, nella fattispecie, anche del presidio israeliano nella regione. Le manovre interconnesse israelo-americane, sono lì a dimostrarlo, se mai ve ne fosse ancora bisogno. Il Senatore Kerry, ancora nel 2009, cenava con Assad insieme alle rispettive signore ed oggi lo definisce "come Hitler, Stalin e Saddam Hussein, assimilando l'ex alleato, poi demonizzato, alle più suggestive icone del "male", combattute militarmente su scala planetaria. L'unico "vantaggio che gli Iracheni hanno ricevuto dall'invasione liberatoria che hanno subito è stato di poter nuovamente schierare 30.000 soldati al confine siriano, carne da macello necessaria ad avanzare sotto i bombardamenti "amici", del conquistatore alleato, dopo otto anni di guerra per procura contro l'Iran e una rovinosa invasione del Kuwait, che ha innescato la reazione a lungo termine degli Stati Uniti. Il Vaticano ha evocato una nuova guerra mondiale, individuando negli elementi presenti nella esplosiva miscela mediorientale, l'innesco di un conflitto in espansione. La diplomazia vaticana è sottile e raffinata, anche se quanto asserito è "diplomaticamente" da interpretare: gli interessi russi nel Paese nel mirino non sembrano in grado di innescare un'adesione progressiva e contrapposta al conflitto che sta per accendersi, se il diavolo non ci metterà la coda e la coda per la Chiesa è la preponderanza degli interessi israeliani nell'area, per conto degli Stati Uniti, che inibiscono il dialogo interreligioso. Per vie traverse, si rimanifesta l'antisemitismo occulto delle gerarchie cattoliche, l'irritazione profonda per il cuneo che i Giudei rappresentano, dilatando le possibilità di utili e altrimenti possibili, compromessi. La sorte di Assad è segnata, come lo fu quella di Saddam Hussein. I tempi per un'abdicazione e per un esilio si sono esauriti, come si esaurirono per Saddam Hussein. Bisognerà valutare l'atteggiamento dell'Iran, prossima vittima designata del neo imperialismo; deciderà inutilmente di attendere e di sopravvivere o, in una maniera o nell'altra, passerà all'azione? Quando si va in guerra si è in fondo all'oscuro dei suoi possibili esiti, rispetto alle proprie intenzioni.

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