domenica 16 settembre 2012

Voci nel vento.

L'innocuo film che prende, fra l'altro, in giro molti aspetti dell' attualità e che può essere reperito sui social network e che tanta rivolta ha suscitato nei paesi arabi e mulsulmani, sembra girato con la tecnica economicissima della serie su Bruce Lee, un attore carateca scomparso e mitizzato in decine di film per sottosviluppati, un target evidentemente interessante del mercato cinemetografico. Gli attori sono stati reclutati fra i figuranti che affollano i vialetti di Holliwood, in attesa di una chiamata. Anche a Cinecittà, che ormai sta per essere venduta a società di catering o affittata per le feste del PDL romano o per i reality inqualificabili di Maria De Filippi, ottava moglie morganatica di Maurizio Costanzo, ad ogni nuovo ciak, si presentano studenti, dopolavoristi o lavoranti alla giornata. Con questo cast, un regista di film porno, a basso costo, a basso consumo e a basso circuito, ha realizzato una serie di immagini adatte a vellicare il riso, inconsapevole di tutto, di qualche caprone voyeur. Ci mancava solo che fosse ebreo perché il cocktail della stupidità rendesse ebbri gli astemi muslim. I diseredati credenti avvertono da tempo che l'arrogante potenza yankee, che li ha invasi, li sfrutta, li deride anche nell'unico elemento con cui ancora identificano il loro orgoglio, e reagiscono impugnamdo idealmente, anziché i bastoni che si vedono nelle immagini, la spada dell'Islam. In Libano, il Papa, protetto da cordoni interminabili di carri armati che lo accompagnano nelle sue peregrinazioni, parla ad una platea di cristiani maroniti e di musulmani, giovani e reclutati fra coloro che ancora hanno una prospettiva, degli studi in corso, cioè - ritengo - nella buona borghesia interreligiosa dei quartieri dove la dolce vita non è mai cessata, nei quali non è mai caduta, neppure per errore, qualche bomba e dove gli israeliani non hanno mai fatto capolino, durante le loro rovinose incursioni. A Beirut si rifugiò uno dei primi, romantici bancarottieri d'Italia, Felice Riva, che, ancor giovane, vi rimase per tutta la vita, inseguito da un mandato di cattura, mai eseguito, attorniato, a bordo piscina, da avvenenti fanciulle, come ce lo consegnanarono le pagine, in bianco e nero, di Epoca. Invita alla concordia, il Papa, le borghesie arabe e cristiane; meglio sarebbe stato se le avesse invitate ad una maggior concordia, collaborazione, perché dovrebbe sapere che, sussistendo sostenendi interessi, finché sussistono, cane non mangia cane. Nonostante la lezione di Ratisbona, diplomaticamente, la Chiesa continua a cavalcare l'accordo interreligioso con i musulmani più evoluti e regredisce dal dificile e, per me, insuperabile, dissidio dottrinario con gli Ebrei, ai quali tanto si era dedicato Woijtila ed al quale mostra di non credere il più sottile e competente Ratzinger. Solo la cultura laica e illuministica, che non piace ai cattolici e provoca rivolte inconsulte negli islamici, intolleranti ad ammettere che una democrazia possa essere agnostica, potrebbe costituire l'humus legale di una convivenza, con regole uguali per tutti. La Palestina e il Medio Oriente non sono più terre di Profeti, bensì di profezie istituzionali, non aliene da cospicui interessi. I Musulmani considerano Gesù un Profeta, non un innovatore del Vecchio Testamento, tale e quale, ma di rango ovviamente inferiore al loro Maometto, che dai primi quattro libri della Thorà trasse la sua dottrina. Per gli Israeliani, credenti e non credenti, sono, invece, entrambi, dei fanfaroni.

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