mercoledì 12 settembre 2012

Politica ecclesiastica.

Il Papa va in Medio oriente e, in particolare, in Libano, dove, a dire il vero i Cristiani maroniti non si comportarono encomiabilmente, quando, al soldo degli Israeliani, consumarono il massacro di Shabra e Chatila sugli Arabi, al posto dei loro committenti guidati sul campo da Ariel Sharon, allora Generale, ma non privo di senso politico. Il Papa è preoccupato per il rischio che le ormai endemiche violenze possano provocare l'abbandono dei cristiani di molti paesi mediorientali e azzerare l'influenza cristiana e cattolica in particolare in quelle zone, dove la predicazione di Cristo prese corpo, anche se si affermò politicamente sulle spoglie dell'Impero romano e sulla sua insuperata tradizione giuridica. Un cliente ebreo di alcuni anni fa lamentava, nelle sue considerazioni di israelita uomo della strada, che i Papi facevano politica. Il Sig. Muscetta non aveva studi profondi alle spalle, aveva fatto solo la quinta elementare e si era guadagnato da vivere come agente di commercio, ma parlava con assennatezza e proprietà per lo studio domestico della Torà e della Cabbalà, era polemico, cauto e rivendicativo riguardo alle trascuratezze dello sportello che, per un riflesso non controllato, a volte sospettava gli fossero rivolte, scusandosi poi per il pregiudizio e giustificandosi con la storia contrassegnata da persecuzioni degli Ebrei. Mi chiedeva se trovassi giusto che lui e i suoi duecento correligionari bolognesi dovessero andare in Sinagoga superando un presidio di polizia, mentre io, cattolico-romano, non conoscevo ostacoli alla mia professione di fede, almeno in questo Paese e se l'avessi professata. La sua valutazione sulla natura anche politica della Chiesa, dotata di un proprio Stato sovrano, era, secondo me esatta, azzeccata e anche il suo disagio di ebreo, non sionista, della diaspora, aveva un senso, non mitigato da una cultura che non fosse esclusivamente religiosa e anche un po' esoterica, anche se molto impegnativa sul piano mentale, che lo aveva certamente aiutato nel conferirgli un ordine e un criterio. Il Papa va in Medio oriente principalmente per curare gli interessi della Chiesa, attraverso le comunità cristiane e questo è lecito. Nell'invocare la pace, la concordia e il legame unitario delle locali versioni del Cristianesimo che, proprio in Libano, conobbe la costituzione delle sue prime comunità, ha un grande significato morale, culturale e di costume interreligioso, ma, come Lui certamente sa, ma non dice, non rappresenta una garanzia, né una meta immanente di tranquillità stabile. Ma non per questo, immanentemente, accetterebbe di veder svanire un approdo minoritario ma importante in una regione dove si concentra una delle tante partite di geostrategia, anche religiosa, fra tradizioni intrecciate, ma malamente avvertite come particolarissime e non da oggi. C'erano anche prima della predicazione di Cristo e, da allora, non hanno mai smesso di esserci.

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