giovedì 27 settembre 2012

Private analogie.

Clinica privata convenzionata, per esami, visite e terapie non procrastinabili. Ambiente simil alberghiero, con parcheggio privato, hall in un caldo colore d'ambra, ,marmi e legni curatissimi dappertutto, un listello di vero marmo anche sul pavimento dell'ascensore. Nella sala d'apetto, attrezzata come un salotto, sostano, sfogliando dei giornali, alcuni astanti. Benestanti, dall'aspetto, dai modi. I medici, che entrano ed escono dagli ambulatori, mantre li incrociano, avvertono: "vengo subito". Solo il primario, pur fin troppo cordiale, ogni tanto semplifica: "si metta lì, aspetti seduto". Questi, presenta ai medici del reparto i pazienti e indica le metodiche da adottare; dopo un po' apre le porte e si informa sui tempi residui. Tutto è scandito da un tariffario e risulta, infine, efficiente. Alla reception, con bar elegante e tutt'altro che ospedaliero, impiegate algide e bellocce riscuotono i ticket, i pagamenti dei non convenzionati, indicano piani, reparti e ambulatori a cui rivolgersi: spesso anche il nome del medico che interverrà. In un ufficio, dietro il banco di noce, si apparta un'altra giovane addetta amministrativa. Probabilmente è la direttrice o la coordinatrice del piccolo team di sportello. Lavora a porta aperta, per proporsi posatamente agli astanti e controllare il modus operandi delle due più giovani impiegate. La divisa nera, austera ed elegante, identica a quella delle due subordinate colleghe, è un tailleur cilindrico che le confeziona severamente, se stanno ferme e in piedi, ma, se si siedono e accavallano le gambe, la scosciatura si appalesa profonda. Quando deve svolgere qualche mansione non ortodossa esteticamente - intravedo, di lato, alcuni schedari a cassetto che una volta si chiamavano cardex - o rassettarsi, chiude la porta con gesto calmo, ma espressione infastidita: probabilmente amerebbe tenerla chiusa quasi sempre e lavorare tranquillamente. Poco dopo la riapre e ricomincia la sua pubblica esibizione. I corridoi sono pieni di piante di plastica, con falso fogliame color verde vernice o ramato autunnale. Gli ambulatori sono intervallati dai bagni, recanti sulle porte il contrassegno dell'handicap. Le infermiere camminano lungo i corridoi e chiedono, en passant, con tono cortese ma informale, di chi o di che cosa si abbia bisogno e se si sia in attesa, di qualcosa o di qualcuno. Il via-vai è continuo, l'andatura costante ma non veloce. Sui marmorei pavimenti non risuonano scalpiccii. I medici che vi lavorano, svolgono in ambito simil-hoteliero, ma con molta minore strumentazione, le stesse mansioni che svolgono presso le strutture pubbliche, gli stessi interventi chirurgici, le stesse visite specialistiche, ma, una volta conseguito l'ingaggio privato, si fanno pagare per molti multipli in più. Di diverso, c'è solo l'atteggiamento da chaperons. Una volta conseguita una fama, reale o usurpata, si appaltano al rialzo o sono ingaggiati al rialzo, da questa anziché da quella clinica privata: spesso, in cambio di una percentuale di riconoscimento maggiore, lasciano il primo o il secondo approdo e vanno a fare sempre le stesse cose dove li pagano di più. Ai loro fasti economici, contribuisce, per quote consistenti, il Servizio sanitario nazionale, che convenzionando le cliniche, si accolla il 70% degli oneri. E l'utenza, purtroppo, non manca. Un di costoro, proprio oggi, dissertava, sorridente, sull'evidenza dell'inutilità del lavorare in rapporto al reddito; è vero, al suo reddito, ormai, provvedono con il loro , per sé, inutile lavoro, gli altri. I malati sono la materia prima su cui operare e, per i proprietari della clinica, spesso medici, famiglie di medici, ma non solo, su cui investire. Il calvario dei malati ricchi è un percorso elegante, mascherato, nel quale la mascheratura consiste nell'esiliare tutti gli aspetti esteriori della malattia e della sofferenza, riconducendo grottescamente i morituri, in un ambito di rassicurazione tutto esteriore, che li accompagnerà alla convalescenza, ma, in molti casi, li illuderà circa il senso - comune - della loro morte. Questi medici, nella loro veste privatistica, sono un manuale di conoscenza amministrativa: sanno come si istruisce una pratica, come si ottengono in prova gratuita protesi di ogni tipo, quanto è coperto al 100%, anziché all'80% dalle tasse che molti degli avventori delle cliniche private non pagano. Si investono direttamente - dietro lauto compenso - dell'istruttoria e poi commentano: " un mio caro amico, medico, ogni anno, per un mese, opera in un ospedale della Guinea ( non specifica se Bissau o Conacrì ) e ritrova la natura e la realtà originaria del medico, che è fatta di richiesta preponderante rispetto alla sua capacità di risposta ed ai mezzi a cui può ricorrere. Lui, noi, ormai, siamo diventati dei burocrati della salute e della sua resa". Se sei associato allo stesso club - comunque sia chiamato - passi indenne dalle liste di attesa e se non paghi, significa che il ritorno, non inerente alla prestazione, è molto superiore, costante e proiettato nel futuro, per chi ti emancipa dalle seccature della comune, ma non partecipe, condizione, anche nella malattia. Quando hai finito, sia che tu debba ritornare, sia che tu saldi una prestazione una tantum, sia che tu regoli tariffariamente un decesso ( in questo caso, in poche decine di minuti, l'impresa di pompe funebri associata alla clinica già intrattiene i parenti superstiti circa le onoranze più pacchiane, l'estremo oltraggio, che saranno memorabili nel loro ambiente sociale, mentre, se si muore in un ospedale pubblico, fuori dalla camera mortuaria, sostano i promotori - poveri diavoli, svillaneggiati - anche della stessa compagnia di pompe, in questo caso, funebri, che ha vinto "l'appalto" privato, per proporre il "miglior" servizio ) la registrazione dei dati viene svolta senza guadarti in viso, l'informazione sulla preesistenza di servizi ricevuti da quella clinica, richiesta e verificata, la fatturazione e i referti vengono consegnati in busta instestata, dopo aver raccolto il consenso al trattamento dei dati sensibili. Dopo che hai pagato, continuando a non guardarti e con un'espressione di arcano disgusto, aspettano che ti allontani. E' un'educazione formale che rassicura circa la non invadenza, la discrezione reciproca, assicurata dal denaro che si possiede, che in ambito circoscritto si scambia, si incamera. Anche nella malattia, anche nella morte, se in cuor nostro ci sentiamo imbarazzati per il nostro egoismo insensato e desideriamo proteggerlo, se possiamo, vogliamo restare appartati. Riflessioni semplici, più che altro osservazioni, mentre sosto, davanti a una porta, seduto sulla stessa lettiga a rotelle abbandonata per un breve tempo da mia madre o, invece, sono ammesso ad un consulto, dei cui aspetti pratici dovrò investirmi, mentre colgo l'espressione, riprodotta sulle pareti, dei nativi Polinesiani di Paul Gauguin, che paventano l'ignoto, in un contesto naturalistico pur abbacinante.

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