sabato 22 settembre 2012

Prime.

E' andato in scena ieri sera, al Teatro degli Alemanni, per la prima volta in italiano, il musical Elisabeth, la storia della Principessa ungherese alla Corte degli Asburgo, l'indocile e infelice moglie di Franz Joseph, uccisa infine da un anarchico italiano. Elisabeth è stato ed è, da vent'anni a questa parte, uno dei cavalli di battaglia dell'Opera di Vienna, ma in Italia non è mai stato rappresentato, tranne che a Trieste ed in tedesco, perché nella città giuliana, presso il castello di Miramare, Sissi, per venti volte, aveva visitato il nostro attuale suolo patrio, allora parte dell'Austra-Ungheria. Sissi era il diminutivo che il padre le aveva riservato, insieme all'amore per la natura, la musica e l'arte, intese come pratica e conoscenza, come si conveniva e si conviene alle fanciulle dell'aristocrazia, ma intrise di autonomia e di libertà, di individualismo e autogoverno, del tutto irriducibili al costume ed all'ambiente della cupa, reazionaria e clericale Corte austriaca, della quale era stata chiamata a far parte per evidenti ragioni dinastiche, in alternativa alla designata sorella che si era preparata e crogiolata nella parte, fino a rimanerne atrocemente esclusa e delusa. Sissi, pur essendo una creatura privilegiata e ignara delle sofferenze del popolo che, pure, la idolatrò, identificando in lei la sua stessa ( in realtà ben diversa ) estraneità ai fasti ed ai sentimenti dell'oligarchia al potere, non poteva certo sentirsi attratta e gratificata dal plumbeo apparato di controllo austriaco, sul quale, paventando la sentimentalità del figlio, vigilava con suoceresca e grifagna attenzione la regina madre. A Sissi furono attribuite tutte le simpatie verso i marginali e gli ideologicamente alieni, come gli Ebrei, simpatie probabilmente mai provate, perché mai avvertite, ma, soprattutto ed internamente alla cerchia dei suoi affetti più intimi, le fu sottratta l'educazione dei figli e fin anche la loro frequentazione. Da questa aberrazione, la finzione scenica, che rispetta in ogni sua sfaccettatura lo spirito romantico della tragedia teutonica, che permea tutta la pièce, fa aleggiare sulle vicende personali dei regnanti e di Rudolph, designato alla successione, un alone incombente di Morte. Infatti, Rudolph, traumatizzato dall'innaturale pretesa di farlo crescere e maturare sotto l'egida di un maestro d'armi e di algidi precettori, estraniandolo fin dalla più tenera infanzia, dalla madre, muorirà suicida, quando, ormai adulto, nella speranza di ritrovare la trama spezzata del suo rapporto edipico negato, si vedrà respingere dalla madre che in lui, nei suoi modi, nella sua soprastrutturale educazione, riconoscerà i caratteri del marito, dal quale ormai vive separata e non vorrà, per un figlio estraneo, rischiare, dopo tante sofferenze, di essere riassorbita, tramite lui, nel consesso cortigiano. Alla fine, lei stessa, casualmente, così come casuale era stata la determinazione esogena della sua vita, morirà sotto lo stiletto di Luigi Lucheni, che della trama scenica è il narratore, interprete popolare del disagio che, anche lui romanticamente, legava, correttamente, al tramonto di un ordine sociale, il cui esito, però, non sarebbe stato quello vagheggiato, tanto che, subito dopo, a sua volta, nichilisticamente, si impiccherà. Francesca Calderara e i suoi giovani e valenti attori, in procinto di trasformarsi in Compagnia, hanno avuto il merito e l'entusiasmo per tradurre e rappresentare l'illusione e il potere, le sensazioni, i pregiudizi, l'astio reciproco, il sogno, l'identità e l'identificazione, l'ascesi e il precipizio della vita, la sua poesia e il suo equivoco. Di questa compagine di giovani artisti, che si alimenta di nuovi attori, alcuni dei quali veramente pronti per i palcoscenici più qualificati, fa tesoro la valente regista, autentica imprenditrice di un'attività tanto utile quanto economicamente penalizzata, che trova una gradita e crescente ospitalità in sale non secondarie anche se, per ora, di nicchia, del panorama teatrale bolognese e non. Infatti, gli interpreti sono già stati protagonisti agli Alemanni per due volte, al Teatro delle Celebrazionie sono risultati vincitori della kermesse fra le compagnie studentesche del Teatro Bonci di Cesena, con il musical Holliwood, sulla decadenza di un divo del muto e gli esordi di Greta Garbo, per proseguire con una deliziosa rivisitazione del Cirano di Rostand, fino all'Elisabeth-Sissi, imprese ardue e tecnicamente specifiche, trattandosi di musical, nei quali la recitazione va associata al canto e alla danza. Fra gli attori voglio citare: Lorenzo Pulega e Pietro Riguzzi, autentici virtuosi della scena, che, insieme ad altri continuano a seguire l'evoluzione dei compagni anche quando non partecipano personalmente alla specifica rappresentazione. Ieri sera, eccellenti sono stati Pietro Riguzzi, narratore e anarchico nichilista, che ha condiviso l'interpretazione di Luigi Lucheni con Andrea Martini. La regista, Francesca Calderara, ripartisce le parti fra tutti i componenti del cast, cercando di dare a tutti l'opportunità di sfaccettare i momenti e le particolarità delle personalità portate in scena. Quattro, sono state le Sissi: Arianna Di gregorio, Emily Clancy, Alessandra Lami e Virginia Bianchi. La Morte, incombente, era interpretata da Federica Trentin e Giacomo Tamburini, che incarnava anche Rudolph, l'infelice figlio suicida di Sissi, da grande. Franz Joseph era interpretato da Amedeo Paolo Battipaglia. Ancora: Simone Lippi Bruni e Viola Todeschini, le due Sofia: Maria Selene Benedetto e Olimpia Vivarelli. Ludovica, madre di Sissi, era interpretata da Marina Serrao e, infine, Helena, sorella di Elisabeth, che sarebbe stata ben lieta di diventare Regina d'Austria-Ungheria e che era stata prescelta dalla Regina Madre, ma scartata da Franz Joseph, nei panni di Francesca Bia. Alla traduzione in italiano, dal tedesco, insieme a Francesca Calderara, ha contribuito Dario Clementi. Ha tenuto benissimo la scena, il giovanissimo Enea Riguzzi, nella parte dello sconsolato, piccolo Rudolph che, per volontà dinastica non conoscerà il calore materno nella sua infanzia, per essere affidato ad un maestro d'armi: per farne un uomo freddo, deciso. Composto, senza eccessi né timidezze, ben intonato e ben inquadrato nel contesto, felice degli applausi, a cena - una pizza - con la compagnia subito dopo. Qualche attore, come Riguzzi senior ha indulto con levità ed efficacia nelle caratterizzazioni e ha interpretato numerosi passi, vocalmente e musicalmente difficili. Bravissima anche l'ultima Sissi, vittima dello stiletto di Riguzzi-Lucheni, in un canto d'eccellenza. La qualità di questi studenti e giovani artisti è innegabile ed offre momenti di autentico piacere spirituale.

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