venerdì 27 gennaio 2017

Un mondo muto.

Un mondo muto, di eventi, di manifestazioni, di passioni, di prese di posizione, fatto di accomodamenti e illusorie speranze. Come quelle della generazione precedente, la mia: certamente, ma molto più vivace. in fondo, chi di noi viveva una condizione borghese, nelle messianiche facoltà della contestazione non ha mai creduto, ma se ne investiva perché segnavano un ribaltamento dei criteri morali, ancora oppressivi, oscurantisti e basati sull'ignoranza, politicamente precipitati del fascismo, dissoltosi solo sul piano istituzionale. Più che del fascismo medesimo, delle classi che si era ridotto a rappresentare, promuovendo, per converso, una forte iniziativa economica pubblica, che, sia pur con la mordacchia autoritaria, modernizzò l'Italia. Il suo difetto irrecuperabile era la mancanza di libertà, che ora, sulle ali del privatismo speculativo, è già modificata patologicamente e inclina al suo superamento di fatto, in un tripudio di lustrini pubblicitari. Per ora, l'elettorato ha tenuto, o meglio, ha risposto a tutte le avventurose e fantasione iniziative cortigiane e ripristinato i cardini di una democrazia monca e da molti osteggiata, sulla base della carta costituzionale. Dopo l'inizio della lunga marcia della restaurazione, attraverso le ripetute iniziative referendarie di Mario Segni e dopo trent'anni di ininterrotto avvicinamento ad un esito volgarmente carpito, ma infine sconfessato dai cittadini, c'erano state molte illusioni: la cifra evidente della politica era sotto lo zero, il clientelismo e la corruzione, il familismo e l'arbitrio ambientale, a tutela di mediocri interessi privati e pubblici, ammortizzati con pensioni di invalidità, sussidi da miseria e occupazioni inventate, l'avevano fatta da padroni. Anch'io condividevo l'esigenza di "cambiare", pur con numerosi dubbi sul superamento della rappresentanza proporzionale che esprimeva la complessità della nostra nazione, sotto le apparenze di principio, politiche e religiose. Non c'era un rapporto di causa ed effetto nella spartizione delle tangenti da parte delle fazioni e delle coalizioni; era solo una degenerazione della democrazia, una mediocrità antropologica, che nessuna riforma potrà superare, piuttosto la nasconderà. I trent'anni successivi hanno mutato le modalità la rappresentazione di un copione che, nella sostanza. è rimasto identico, sostituendo le coalizioni ladre, con i continui cambi di casacca e l'adeguamento acritico prima, impotente poi, ad ogni esogena influenza. Ancor oggi stiamo sotto capella opportunisticamente, di un'europa eurocentrica, della quale la parte settentrionale e,in buona parte, centrale del paese, potrebbe fare a meno, ma alla quale è parassitariamente legata la società borbonica di vertice del sud e, a cascata, la sua fedela plebe, che mangia gli avanzi in cucina e ringrazia, impigrita dall'assenza di qualsiasi modello acquisibile e spendibile. Molti giovani continuano a spostarsi al nord, ad emigrare, in assenza di un'economia moderna autoctona. La stasi attuale è foriera di regresso, l'assenza di vitalità e la subordinazione a interessi di nicchia reddituaria, impoveriscono la suggestionata classe delle mezze maniche. La politica ha rimodellato la retorica, il tribunato della plebe arranca sorridendo all'incontrario, come i gamberi. I palliativi sono scarsi: la crisi taglia le risorse e solo le classi assenti, di fatto non visibili, accentuano fino allo sfinimento i piaceri privati e la spesa di rappresentanza. Purtroppo non è stata la crisi economica speculativa ad innescare una reazione: il popolo è bove in assenza di fideistici riferimenti e, in questo senso, la fine del comunismo ha lasciato le classi subordinate dell'occidente europeo, in mano ad avidi speculatori allogeni, che insieme al loro ulteriore impoverimento hanno ricercato e ricercheranno la cassazione delle residue libertà, per sterilizzare qualsiasi possibilità endogena di ribellione. "Ci vorrebbe una guerra" e non è detto che non ci si sia incamminati in quella direzione - in che forma e con quale coinvolgimento, si vedrà eventualmente in futuro - dalla quale scaturisca una modifica sostanziale degli attuali assetti di potere e delle conseguenti politiche economiche. A beneficiarne, però, sarebbero sempre i soliti o molti fra di loro e il possibile rilancio "dell'assalto al cielo" avrebbe solo un effetto placebo, ma almeno il dibattito culturale si riaprirebbe e la società sarebbe meno arida, ripiegata e noiosa. La ruota gira lentamente e silenziosamente, ma incessantemente, le ombre proiettate dalle scansioni di luce e movimento affascinano, ma sono sempre le stesse.

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