domenica 1 gennaio 2017

Chi conta e chi no.

C'è un aspetto sinistro nei gesti di violenza, su individui o gruppi e comunità: delle vittime, dopo la retorica convenzionale e anche durante la medesima, non importa niente a nessuno. E' il mostro, l'attentatore, a focalizzare su di sé l'attenzione morbosa e forcaiola della gente, che di violenza non è mai sazia. La vittima vive fino al termine dell'inchiesta, poi viene dimenticata; sull'uccisore continuano a spendersi parole, a poggiare le proprie ambizioni, fra i graduati delle entità investigative che gli hanno messo le mani addosso e gli ufficiali che hanno ricostruito o imbastito il puzzle delle prove, valendosi anche del circo mediatico. Credo che sia così anche per le vittime ignote di violenze e prevaricazioni non mortali. Il gruppo che vi dà solidalmente luogo, si compiace ed eventualmente si difende insieme, se se la cava(no) vengono subito riaccolti, con qualche reticenza iniziale, nella società che frequentavano e che continueranno a frequentare, mentre le vittime, umiliate e traumatizzate, spesso si isolano e nessuno ne cerca il recupero: dovendo scegliere, si sceglie chi ha "vinto", che, soddisfatto e sicuro di sé, continua ad avere atteggiamenti felici, cordiali, anche se spesso sbruffoneschi e continua a suscitare empatia in chi è rimasto estraneo ai suoi gesti criminali. La caccia all'attentatore di Istanbul, non è un atto di giustizia verso le anonime vittime del sacrificio rituale messo in atto; è la caccia ad un sovvertitore del potere vigente e solo per questo, la polizia è sottoposta a direttive che sfiorano le minacce. C'è da neutralizzarne uno, per ora, per i prossimi, si vedrà. Non diversamente, negli ambiti produttivi, asiatici in particolare, ma in questo mondo rapace ed insicuro, in ogni entità privata o privatizzata, nelle quali si persegue il successo, il lucro o la propria sopravvivenza, su di un ring ideale. E poi si vorrebbe impedire di salirvi all'opinione libera e criticamente interpretabile del Web.. Lo stesso avviene durante le guerre: anche chi le ha messa in atto, quasi sempre con metodi subdoli, acquisisce mediaticamente la parte del giusto e, in prospettiva del vincitore, parziale e provvisorio, eppure in procinto di percorre per la soddisfazione popolare e personale il suo percorso trionfante fra due ali di folla, oggi ideale, mediatico, come avveniva, effettivamente, per i generali e gli imperatori vincitori nell'antica Roma. I volti increduli e smarriti, in particolare dei bambini, colpiti nell'anima e che fra qualche mese cominceranno ad avvertire gli effetti tramatici dell'inaspettata esperienza, sono generici e saranno presto rimossi dal lamento di prammatica, mentre la concentrazione si rivolgerà subito alle forze in campo, che quando attaccano, per everne visibilità, i luoghi reali della riunione o del divertimento, sono da subito creazioni mostruose delle gazzette e dei governi e che non saranno mai più interrogate. Conta solo la violenza, anche se, in solido, artefici e supporters lo negheranno sempre, prestando solidarietà solo ai vincenti, siano essi truppe istituzionali o singoli, ma inclusi, delinquenti. I ballerini di Istanbul sono già consegnati all'oblio.

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