martedì 10 gennaio 2017

La liquidità sfuggente della rivincita.

La globalizzazione delle ricchezze ha oscurato quella ben più mastodontica, gravissima, delle povertà, le ha generate e le gestisce, con facilità, mentre la refrattarietà all'omologazione delle società arcaiche, ha portato la guerra entro i confini delle nazionicapitalistiche post industriale. Zygmunt Bauman, un altro ebreo, esule a Leeds, per sfuggire alle ondate ricorrenti di antisemitismo della nativa Polonia, ne ha colto e descritto le caratteristiche, fino a poche settimane prima di morire. Questi Ebrei, non saranno loro a reggere le trame dei destini del mondo e, per questo, ne sono sempre così efficaci interpreti? Questa forma di conformistica ignoranza, ad opera di cortigiani del pensiero, li accompagna in ogni circostanza della loro esperienza e la lucidità dei loro numerosi intellettuali - ma non di mestiere, come spesso accade, soprattutto nei Paesi latini e nei regimi dittatoriali - li renderà nomadi, di tante nazionalità, legati fra di loro solo dall'ebraismo, inteso come koiné antropologica. Baumann è morto nei giorni scorsi, ma ha lasciato una chiara traccia interpretativa. Studiando "le conseguenze sulle persone", ridotte a “scarti”, residui superflui che vanno conservati soltanto fin tanto che possono esser consumatori, Bauman ha svelato il volto cupo e tragico dell’ultra-capitalismo, feroce espressione di creazione e gestione della disuguaglianza tra gli individui, dove all’arricchimento smodato dei pochi ha corrisposto il rapido, crescente impoverimento dei molti. Ci ha aiutato a guardare dietro lo specchio ammiccante del post-moderno, sotto la vernice lucente dell’asserito arricchimento generalizzato e universale, dietro lo slogan della “fine della storia”, ossia della proclamata nuova generale armonia tra Stati e gruppi sociali, era apparso l’altro volto della globalizzazione, ossia una terribile guerra dei ricchi ai poveri, ennesima manifestazione della lotta di classe dall’alto. Ha guardato, Bauman, alle vite di scarto, generate incessantemente dall’infernale “megamacchina” del “finanzcapitalismo”, o dalle assurdità crudeli del “capitalismo parassitario”, come Bauman lo ha chiamato. Quella che chiamava “omogeneizzazione” forzosa delle persone (un concetto che richiama la pasoliniana “omologazione”), era l’altro volto della società anomica, che distrugge legami, elimina connessioni, scioglie il senso stesso della convivenza. Ci ha portato dentro la parentesi in cui ci ha costretti a vivere, sulle macerie delle esperienze storiche, degradate come ideologiche, del Novecento, un secolo drammatico ma ricco di fervori e contenente almeno delle concezioni sull'uomo, alle quali si sono strumentalmente opposte le dittature fasciste. Un secolo ( almeno per quanto riguarda la nostra aia ) caratterizzato da una forte pressione politica, esercitata, con maggiore o minore successo, dalla Chiesa cattolica, che, rimasta senza interlocutore politico, è incerta fra il recupero evangelico e la riaffermazione, con la dottrina, dei privilegi. Una civiltà della tecnica che distrugge l'umanesimo, causa principale, secondo Baumann, insieme a tutta la modernità agnostica, delle più insensate e barbare espressioni politiche della contemporaneità. Leggetelo.

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