domenica 13 marzo 2016

Quando crollano le dighe.

Con l'abdicazione del comunismo europeo, il capitalismo ha vinto una lunga guerra di posizione. Si è trattato di una vittoria finanziaria che ha segnato un'involuzione facilitata del capitalismo stesso e che ha messo in mora, uniformemente, il compendio industria-lavoro, merce-costo-consumo. I paesi che, dopo sanguinose traversie storiche, si sono messi sotto l'ombrello delle capitali finanziarie, eredi delle nazioni vincitrici ed esportatrici di uan democrazia mal vissuta nell'europa totalitaria di destra, hanno smesso di pagare in sangue e carne maciullata la conservazione dello statu quo delle classi possidenti-statiche e, abolita la coscrizione militare, si sono portati, come co-protagonisti o di conserva, all'assalto delle risorse detenute da nazioni arretrate e non alleate, di cui si sono rovesciati i dittatori, ostili per generazioni, appoggiati alla dicotomia fra le potenze. L'effetto domino è stato immediato e le spedizioni militari, finalizzate esclusivamente al presidio delle risorse, sulle quali si è sviluppata l'economia allogena dei neo-colonialisti, si susseguono senza interruzioni, provocando il sorgere di problemi crescenti, ma solo per le popolazioni devastate dal disordine guerresco. Lo sviluppo delle possibilità di comunicazione sollecita lo spirito di sopravvivenza di milioni di persone e non le mantiene più sui luoghi devastati a morire d'inedia. Ecco che l'invasione a piedi scalzi, così antica e tradizionale, mette in apprensione i governi esclusivamente circa la possibilità di convivenza fra disperati autoctoni e disperati estranei, dato che le due "etnie" sono destinate ad accavallarsi negli stessi ambiti. Oltretutto, questi infelici, che mai si sarebbero mossi spontaneamente, in misura così massiccia, coltivano, al loro interno, dei sentimenti di odio e di vendetta che non possono essere accettati, né compresi, dai loro appartati vicini di casa, che non hanno avvertito gli schizzi del sangue e della materia durante i bombardamenti apportati dalla nostra tecnologia ingegneristica. Così è e così sarà, fra tentativi di condizionamento e repressione, ma la realtà è data. La guerra in corso dà luogo a reazioni non dissimili - per limitarci alla Francia - da quelle praticate all'epoca dell'occupazione algerina, che si consumavano sul suolo patrio occupato. Con l'emigrazione si importa anche la violenza inespressa che viene circoscritta alle banlieu, dalle quali esce solo per compiere attentati. Comunque, da luoghi, più o meno ampi, di relegazione. Come a Gaza. L'Italia, dalla Libia, importerà una nuova resistenza terroristica. Gli interessi tribali che saranno sacrificati, le alleanze con i soldi dei contribuenti che non si riuscirà a stringere e a compensare costeranno la vita a qualche capro espiatorio ( non è forse Pasqua? ) ma la politica neo-coloniale - nel nostro caso a rimorchio, ma non per questo meno colpevole - continuerà per un numero non prevedibile di anni e noi continueremo a dimenticarlo ogni volta che ci fermeremo ad una pompa di carburante con i prezzi triplicati dall'insolvenza comunitaria dell'Italia.

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