mercoledì 23 marzo 2016

La disperazione di non essere.

Le foto mosse e sgranate dei due attentatori suicidi che spingono il carrello portando in cuore la sedata consapevolezza che tra poco salteranno in aria, non documenta nessun sintomo di anormalità: la vita sta per spegnersi e sta per esssere spenta come un evento scontato. Certmante la psiche è sottosopra, paralizzata ma non inconsapevole, il disturbo interiore si scioglierà solo nell'autodistruzione espansa, inavvertibile agli occhi altrui. Sta in questo la dicotomia fra interno subbuglio, fra le forze contrastanti dell'autoconservazione e la forza malefica ed esogena dell'ineluttabilità di un atto estremo, in quanto inutile. Eppure, l'imperturbabilità sembra restituire la normalità dell'anestesia della coscienza, dell'istintività naturale che un pensiero, un principio, veicolati ed organizzati ad un fine "superiore", che sta per richiedere la tua e la loro immolazione. E' assurdo e demenziale come il pregiudizio ambientale che non consente il ritorno, che non permette di dichiarare a voce alta, a se e agli altri la violenza che si è subita, che si sta subendo e che altri, nel momento della nostra negazione, condivideranno, unico astioso risarcimento della nostra strumentalità a fini tanto dichiarati quanto subdoli. Insieme ai due "predestinati", un terzo diversamente vestito cromaticamente che li ha condotti sul patibolo e poi si è dileguato. Comincia un'altra caccia all'uomo col cappello, alla conclusione della quale l'attacco al cuore dell'europa si consumerà nelel celebrazioni di un male indicato ma non ben identificato. L'unico attacco che invece viene realmente portato è ai civili sotto le bombe delle potenze neo-coloniali e dei poveri viandanti o passeggeri che pareggiano simbolicamente i conti di una guerra asimmetrica. Anche gli attentatori delle Torri gemelle vennero filmati mentre salivano a bordo degli aerei che avrebbero dirottato, più cinetici e determinati perché il loro compito necessitava di un'evoluzione di atti, spicci verso la morte, ad un'età nella quale ci si può ancora aspettare di tutto. Se si è e ci si sente stretti in uno schema mentale, si accorciano i tempi dell'esperienza e ci si libera della disperazione della costrizione con un gesto tragico e doloroso, lasciandosi eterocondurre da un copione univocamnte recitato, a lasciare il posto ad altri, come loro, sacrificabili, a un ente, un dio, uno scopo trascendente e, per ciò stesso, estraneo alle vittime agenti e coinvolte, nei ruoli occasionali in cui si trovano.

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