domenica 23 febbraio 2014

La ballata degli impiccati.

Sta cercando di prendere piede una concezione , in base alla quale, la società dovrebbe diventare un'impresa, costituita da imprese, che non corrisponderebbe più a quella precedente dei soggetti produttivi delle società industriali. Non mancano certo le descrizioni dell'uomo ipermoderno, incerto, flessibile, precario. Per molto tempo, il soggetto occidentale è stato sottoposto a regimi normativi e registri politici, insieme eterogenei e conflittuali gli uni rispetto agli altri: la sfera del costume e della religione, la sfera della sovranità politica, la sfera degli scambi commerciali. Questo soggetto viveva quindi in tre spazi diversi: quello delle occupazioni e delle credenze, quello degli Stati nazionali e della comunità politica, quello del mercato monetario del lavoro e della produzione. Tale ripartizione è stata fluida fin dall'inizio e la posta in gioco dei rapporti di forza e delle strategie politiche consisteva proprio nel fissarne e modificarne le frontiere. Risultano sfuggenti le progressive modificazioni dei rapporti umani, le trasformazioni pratiche indotte dalla nuova economia, gli affetti soggettivi delle nuove relazioni sociali nello spazio commerciale e delle nuove relazioni politiche nello spazio della sovranità. Le democrazie liberali sono state sistemi dalle tensioni molteplici e dalle spinte divergenti, che consentivano, entro certi limiti, un funzionamento eterogeneo del soggetto, ovvero assicuravano, al contempo, la separazione e l'interconnessione delle diverse sfere della vita. Due grandi spinte parallele sono coesistite: la democrazia politica e il capitalismo. Il prodotto-uomo si è sdoppiato: il cittadino con i suoi diritti inalienabili e l'uomo economico guidato dall'interesse. L'uomo fine e l'uomo come mezzo. Lo sviluppo di questa modernità ha, per ora, sancito uno squilibrio verso il secondo polo. Lo spiegamento di una logica generale dei rapporti umani, sottomessi alle regola del profitto massimale. Ebbene, con l'urbanizzazione, la mercificazione dei rapporti è stata uno dei fattori più potenti dell'emancipazione dell'individuo dalle tradizioni, dalle radici, dall'attaccamento familiare e dalle personali fedeltà. Ne derivano una libertà soggettiva, al prezzo di una nuova forma di assoggettamento alle leggi impersonali e incontrollabili della valorizzazione del capitale. La forma generale ne è stata la contrattualizzazione. I contratti si sono sostituiti alle forme dell'alleanza e della filiazione, alle vecchie forme della reciprocità simbolica. Il contratto è diventato il soggetto di tutte le relazioni umane. Ma ecco che a questi rapporti associativi tra persone dotate di diritti inalienabili, si affiancano processi di normalizzazione e di tecniche disciplinari, a costituire un dispositivo d'efficienza. Si sono quindi ideati ed applicati i modelli di educazione dello spirito e di controllo del corpo, di organizzazione del lavoro, di abitazione, di riposo e di svago, funzionali all'ideale adattativo dell'uno, al contempo individuo calcolatore e lavoratore produttivo. E' il dispositivo d'efficienza ad aver fornito alle attività economiche le risorse umane necessarie, ad aver prodotto senza sosta le anime e i corpi adatti a funzionare nel circuito della produzione e del consumo. Il dispositivo d'efficienza è consistito in una gestione delle menti. Il governo delle risorse aziendali, residuo rigenerato di strutture totalitarie, vuole penetrare fino al pensiero o sostituirsi alla sua assenza, per accompagnarlo, orientarlo, stimolarlo, educarlo. Il metodo si fa obliquo, la legislazione indiretta, destinati a pilotare gli interessi. Il constructum è una macchina idealmente autonoma che trova in ogni soggetto un ingranaggio pronto a soddisfare i bisogni della catena complessiva. L'ingranaggio va fabbricato e costruito. Bisogna, a questo scopo, che il potere si ridefinisca come essenzialmente produttivo, come uno stimolatore della produzione, i cui limiti saranno definiti solo dagli effetti della sua azione sulla produzione. La prassi del costruendo sistema consiste nella sorveglianza di ciascuno da parte di tutti e di tutti da parte di ciascuno, E' un modello totalitario che non consente autonomie ed è identico a quello in essere nel mondo comunista prima della sua implosione, un'eterogenesi, nel nostro mondo capitalistico, superstite formalmente solo negli istituti libertari e democratici della società civile, che, però, in rapporto all'impoverimento culturale, richia di diventare sempre più, una società regolamentare esogena. Il corollario del controllo combinato è l'intensificazione degli sforzi e dei risultati e la minimizzazione delle spese=legge dell'efficienza. Fabbricare uomini utili, docili, censori dei "devianti". Ma l'utilitarismo non è venuto a capo della pluralità interna al soggetto, come della separazione delle sfere alle quali corrisponde tale pluralità. Il principio di utilità, la cui intenzione omogeneizzante è implicita, non è riuscito ad assorbire tutti i discorsi e tutte le istituzioni. Oggi, per la parte sociale di nuovo prevalente, tenta di coagulare la pluralità del soggetto e la separazione delle sfere pratiche e giuridiche. Fino ad oggi, l'utilitarismo non si è imposto incontrastato. I principi sono rimasti misti e già alla fine del XIX secolo, nelle relazioni economiche sono comparse considerazioni sociali, diritti sociali, politiche sociali che si sono confermate per quasi tutto il secolo XX ed hanno limitato la logica accumulatrice del capitale. L'attuale momento neoliberista è caratterizzato dall'omogeneizzazione degli individui intorno alla figura dell'impresa. Il problema, lo scopo, è governare un essere la cui soggettività deve essere integralmente coinvolta nell'attività che gli è assegnata. Non si tratta di disconoscere che l'uomo, nel lavoro, resta pur sempre un uomo che non si riduce allo stato di oggetto passivo, quanto di vedervi il soggetto attivo che deve partecipare totalmente,impegnarsi pienamente, dedicare tutto se stesso all'attività professionale. Il coinvolgimento personale deve essere completo. E' una nuova forma unitaria di totalitarismo, analoga, come si è detto, a quella dei sistemi collettivisti del secolo scorso che avevano bisogno per funzionare di una "reductio ad unum", conservata solo con la forza e la delazione, con la sua pretesa di controllo capillare sugli individui e non contraddittoria, non incompatibile con la sua organizzazione oppressiva, come il caso cinese, nell'eterogenesi dei fini, attesta e, nell'ambito del quale, anzi, impedisce la deframmentazione sociale e politica che che ha invece comportato in Europa, per decenni, al frantumarsi del blocco sovietico, dando luogo anche a nuove, autonome nazionalità. L'obiettivo del nuovo potere risiede nella volontà dell'individuo di realizzarsi nel nuovo potere medesimo che si vuole portare avanti, imporre. La motivazione che anima il collaboratore dell'impresa, è, in sostanza, il desiderio, sotto tutti i nomi che gli si possono attribuire. Chi desidera non è solo il punto di applicazione del potere, è la propaggine dei dispositivi di controllo dei comportamenti. Perchè lo scopo delle nuove pratiche di costruzione e di gestione del soggetto è di far sì che l'individuo lavori per l'impresa come farebbe per se stesso, sopprimendo ogni senso di alienazione e ogni distanza fra l'individuo e l'impresa che lo assume. Costui deve migliorare la propria efficienza, intensificare i propri sforzi come se l'autocontrollo fosse spontaneo, come se questa condotta fosse imposta dall'interno. Le tecniche dell'impresa di se stessi arrivano al colmo dell'alienazione pretendendo di sopprimere il sentimento dell'alienazione. Il desiderio del soggetto è il desiderio dell'Altro. Questo è reso possibile da tecniche raffinate di motivazione, incentivo e stimolazione. La governabilità imprenditoriale dipende da una razionalità inglobante che presume di descrivere e di assegnare le aspirazioni e le condotte, di prescrivere le modalità di controllo e di influenza che devono essere esercitate e adottate uniformemente. La razionalità neoliberista produce il soggetto di cui ha bisogno servendosi dei mezzi per governarlo, affinché si comporti davvero come un'entità in competizione, che deve massimizzare i risultati e assumersi la totale rsponsabilità di eventuali fallimenti. Ma gli obiettivi non se li pone; gli vengono imposti. Questa forma di governo di sé, in questa nostra era neoliberista, si chiama "impresa". L'impresa è presentata con asfissiante sistematicità, come il luogo di maturazione dell'individuo, come l'organismo nel quale possono finalmente congiungersi il desiderio di realizzazione, il benessere materiale, il successo commerciale e finanziario della "comunità" di lavoro. In realtà, la moderna gestione degli uomini è accompagnata dall'adozione di tecniche volte a produrre forme di assoggettamento nuove e più efficaci. Codeste, per quanto nuove, sono impregnate della più sorda e classica delle violenze sociali, caratteristiche del capitalismo: la tendenza a trasformare il lavoratore in semplice mercanzia. L'erosione progressiva dei diritti riconosciuti al lavoratore, l'insicurezza instillata nei salariati tramite le "nuove" forme di occupazione precarie, provvisorie e temporanee, l'indebolimento del potere d'acquisto, sono altrettanti elementi che hanno rafforzato considerevolmente la dipendenza dei lavoratori dai loro datori di lavoro. In un contesto di paura sociale, l'adozione del neo-management nelle imprese è stata molto più facile. Il modellamento al quale gli individui vengono sottoposti, li prepara a sopportare le condizioni che vengono loro imposte. Essi stessi contribuiscono, con il loro comportamento, a inasprire e cristallizzare tali condizioni. E' importante evidenziare fino a che punto l'apologia dell'incertezza, della reattività, della creatività, favorisca l'adesione dei lavoratori salariati al modello "connessionista" del capitalismo. Ma limitarsi a questi aspetti significa considerare soltanto l'immagine seduttrice e strettamente retorica delle nuove modalità di potere, sottovalutare l'aspetto propriamente disciplinare del discorso manageriale e prendere troppo alla lettera il suo argomentario. A questa sottovalutazione corrisponde la sopravvalutazione dell'ideologia della "crescita" in una tesi assai unilaterale, mentre quello che emerge sempre di più nella "evoluzione" in atto nel mondo del lavoro è l'importanza decisiva delle tecniche di controllo nel governo delle condotte. Non siamo usciti dalla "gabbia d'acciaio" dell'economia capitalistica, anzi, a ciascuno viene imposto di costruire per proprio conto, una piccola gabbia d'acciaio individuale. L'impresa è presentata come il luogo ideale di tutte le innovazioni, del cambiamnmento permanente, che altro non è che il rilancio continuo della competitività accumulatoria, dell'adattamento continuo alle variazioni del mercato, della ricerca dell'eccellenza. Viene così imposto al soggetto di conformarsi interiormente, con un lavoro costante su se steso. Deve badare costantemente ad essere il più efficiente possibile, a dimostrarsi totalmente dedito al proprio lavoro, a perfezionarsi in un continuo apprendistato, ad accettare la sempre maggiore flessibilità richiesta dai cambiamenti incessanti di scenario. Le tecniche di gestione: valutazione, progetto,normalizzazione delle procedure, permettono di oggettivare l'adesione dell'individuo alla norma di condotta che gli è imposta, di valutare tramite griglie e altri strumenti di indebita registrazione, il suo coinvolgimento soggettivo, pena situazioni arbitrarie, quali la riduzione del salario e, possibilmente, il licenziamento. Sotto il totale arbitrio di categorie di una gerarchia, sempre favorita nella carriera e nei riconoscimenti economici, incaricata di manipolare categorie che falsificano l'obiettività della misura delle competenze e delle prestazioni, riducendole ad un cottimo dissimulato. L'attendibilità della misura, anzi la sua inattendibilità, è strumentale ad esercitare un potere in profondità sul soggetto, invitato ad offrirsi senza riserve, a superare se stesso per l'impresa, a "motivarsi" sempre di più per meglio soddisfare il cliente, costretto dunque a dimostrare il proprio coinvolgimento personale nel lavoro. La razionalità imprenditoriale presenta l'incomparabile vantaggio di riunire tutte le relazioni di potere nella trama di un unico discorso. Il lessico dell'impresa cela in se un alto potenziale di unificazione dei diversi regimi di esistenza, l'impresa non è solo un modello da imitare, ma anche un'attitudine da stimolare, un'energia potenziale da sollecitare nel lavoratore, un modo di essere. Stabilendo una corrispondenza strettissima fra il governo di se e il governo della società, l'impresa definisce un'etica ovvero una certa disposizione interiore, un certo ethos da incarnare per una sorveglianza di sé che le procedure di valutazione devono rafforzare e verificare. L'ennesima riformulazione dell'homo novus non interseca solo i tradizionali tracciati della sociologia, ma incrocia anche la psicologia individuale, in una patologica condizione, inscritta e costretta nell'economoa psichica stessa. Numerosi psicanalisti dichiarano di avere in cura pazienti affetti da sintomi che testimoniano la patologia ed il disagio indotti dalla nuova era della soggettività negata. Il soggetto della psicoanalisi, infatti, non è una sostanza eterna, né una costante transtorica, ma l'effetto di discorsi inscritti nella storia e nella società, che reagiscono con la malattia, anche adattatoria, ogni volta che si cerca di violarli. Per questo, la presa d'atto della manipolazione e del contesto, parimenti manipolatorio, in cui questa patologia si rafforza, deve essere solo prodromica ad una sempre più convinta resistenza e reazione, prima di tutto culturale, psicologica e, infine, sociologica, trasversalmente alle classi sociali soggiacenti.

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