venerdì 7 febbraio 2014

Il fantasma della libertà.

In molte parti del mondo si succedono manifestazioni di gruppo od individuali, rivendicative di diritti civili e di libertà, che la politica riecheggia e gli apparati della reazione civile e religiosa osteggiano. Tutto viene neutralizzato nella paralisi e nello sproloquio, ma l'esibizione pubblica della democrazia negata ( dato che i ricchi, i potenti e i chierici, l'anarchia reale la esercitano )ne richiama continuamente l'aspirazione. La rivolta popolare ( tardiva ) contro gli effetti delle privatizzazioni, non solo delle aziende ex pubbliche, ma della società stessa, assume i connotati della rivolta velleitaria, quindi repressa e senza conseguenze immediate. Si diffone però come un antivirus, di rigetto verso le influenze del lucro e del particolare economico, che negano il concetto stesso di globalizzazione per tante macule egoiste. Tunisi, Il Cairo, Istanbul, Tel Aviv, New York, Jakarta, Bangkok, Kiev e, ultima Sarajevo, la cosmopolita ed ironica capitale delle Bosnia Erzegovina, palcoscenico di tante tragedie storiche, prima che la guerra interetnica e la corruzione endemica tentassero di spegnerne lo spirito. L'elemento unificatore di tante sparse, non coordinate manifestazioni, è il pauperismo in espansione, previsto, calcolato e incontrastato da istituzioni politiche imbelli, alle quali il pretesto comunista - almeno nel mondo occidentale - consentiva politiche opinabili ma meno vacue delle apparenze che esibiscono ora. Lo spirito inestinguibile della libertà si agita ancora, libero da ogni istituzionale, ideologica sovrastruttura e poco importa se sia vano proprio sul piano da cui, inconsapevolmente, vuole sfuggire: è una forma di separatezza, di distanza necessaria, dalla statica postura di tutti i devoti e gli officianti della propria autocostrizione utilitaristica, tanto più immaginaria quanto più aliena dal vissuto dei loro burattinai, di cui costitusicono la necessaria premessa.

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