sabato 22 febbraio 2014

Disco rotto.

Chi non muore, si rivede. Ho potuto riapprezzare il vecchio attore Adolfo, protetto dalle critiche dai suoi cortesi ( da curtis ) giannizzeri, in un'ibridazione della pochade e della retorica imperiale, durante una cerimoniale perorazione pro domo sua. Non mi ha deluso: è sempre così esplicito e diretto, così chiaro e divulgativo, che avrei potuto dire anch'io le stesse cose. La cornice teatrale non si attagliava all'argomento, però. Sembrava infatti trattarsi del preannuncio di una campagna bellica di conquista delle risorse in rotta dai forzieri sbrindellati di imprudenti amministratori. La comparazione delle forze in campo, si limitava ai patrimoni rispettivi e trascurava l'analisi fra le percentuali assegnate alle imprese e quelle riservate agli investimenti, senza considerare, infine, l'entità dei rispettivi eserciti. L'Adolfo guerrigliero prefigurava anzi un'intensa attività di commandos, in diversiti ambiti territoriali, a giorni alterni. Gli altri sono obesi e impacciati, noi siamo snelli e efficaci. Paghe di questo, le truppe cammellate andranno fiere all'assalto, poi, l'anno prossimo o, al massimo fra un biennio, nuove imprese guerresche le chiameranno all'impegno. Nessun altro scopo, per loro, nella vita. Sicuro delle prospettive trionfali, mentre già piovono insulti da caserma verso coloro che mostrano minor determinazione ed efficacia nell'impresa, sentenziava: l'affannata concorrenza non riuscirà a reggere i nostri ritmi ( basterebbe rispettare i contratti ) e cederà dinnanzi alla nostra avanzata: siamo i fichi del bigoncio. Gli asset migliori cadranno nelle nostre gerle al nostro passaggio e la nostra curiale gentilezza ci farà preferire dai bistrattati frequentatori di certi ambienti generalisti. Io credo, invece, che avverrà il contrario: gli asset migliori saranno salvaguardati, anche se si tratta quasi sempre delle maggiori imprese nazionali, le cui dinamiche problematizzano anche le strategie commerciali di chi ha per merce e prodotto i mezzi di scambio e le riserve di valore e manderanno in malora gli altri. Probabilmente Adolfo intendeva, ma non voleva ancora dire, che dovremo scippare i capitali delle consorelle di pari dimensioni, arroccate sul mercato domestico e sfruttare la loro presunta debolezza per accaparrarcene la quota sicura, da club privé, nel quale convogliarla e coinvolgerla. Si favorirà così, indirettamente, l'esodo di molte maestranze e si potrà, domani, dare l' assalto a prezzi concorrenziali alle strutture residue sul campo di battaglia. Con il 2% del mercato sovraperformiamo, in redditività, del 6,5%, grazie ai milioni di ore proficuamente lavorate dai nostri eroici e mitologici impiegati, che mai se le farebbero pagare. Possibile che, nel restante 98%, cercando cioè gli aghi nel pagliaio, non possiamo scegliere il più rassicurante peculio per i nostri forzieri? Ho già sottolineato come trascurasse di distinguere fra attività d'impresa e prassi di investimento e di esplicitare la natura dei nostri depositi statici e reddituali nei due sensi - verso l'azionariato e verso i clienti cassettisti - in cerca di rifugio per i loro accantonamenti. Avrebbe dovuto altrimenti spiegare all'uniforme platea plaudente, simile a quella dei Plenum del Partito comunista cinese, come immaginasse di competere sul piano industriale con procedure informatiche di rivalsa e una rete estera così capillarmente diffusa da non toccare neanche Bolzano ed Aosta e con il continuo rischio di lasciare a secco, all'estero, i titolari e i messi delle aziende, che non avessero previamente comunicato ogni loro spostamento allo sportellista di radicamento del conto corrente, fra un aereo e l'altro. Adolfo, in un crescendo d'enfasi servile proclamava: noi siamo privati, cioè milizia proprietaria - perché, le altre sono pubbliche? - è il nostro scopo; la nostra ragione di sussistenza in situ, è di remunerare il capitale, accrescerlo per il compiacimento dei suoi detentori, non deprimerlo chiedendogli trasfusioni di denaro. Il volume della base reddituale va quindi gonfiato, per l'inerte rassicurazione di un gruppetto di spettatori grifagni e assenteisti, sospettosi l'uno dell'altro, sia nei consorzi societari, sia in quelli familiari. Qual'è lo strumento, la leva prefinanziaria? Sempre lo stesso! Indovinate? Ma sì. proprio lui, il personale, così costretto nello spirito aziendalistico, così duttile e flessibile da essere ormai bino e, alla fine del prossimo biennio, certamente trino benché uno, eccellente nel lavorare come una bestia da soma, senza mai azzardarsi a suggerire, con la moderazione che l'ambiente reclama, uno straccio di remunerazione, dato che di una riduzione dei carichi e dei ritmi non è neppure il caso di accennare. Insomma, con il due per cento del mercato abbiamo fatto sempre più ricchi quattro gatti di pianura e, quando avremo raggiunto il quattro, saremo per redditività la decima entità domestica per giacenza pecuniaria, investita in partite di giro. Mentre rimembro Adam Smith in quelle parole, mi giungono, in sottofondo, come da un girone infernale, i lamenti musicalmente modulati, come in uno spiritual, degli altri raccoglitori della padronale piantagione.

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