giovedì 20 febbraio 2014

Dinamiche pericolose.

In Ucraina e non solo a Kiev, la guerra civile prende consistenza. Il confronto è fra gruppi armati e bene armati. Mentre il governo in carica schiera le forze istituzionali, al servizio di ogni potere costituito ( ma le diserzioni cominciano a manifestarsi ) sul fronte opposto e filo occidentale le milizie neo-fasciste sono il braccio armato della rivolta e dispongono di mezzi che solo l'organizzazione clandestina non avrebbe potuto fornirgli. Dunque - questa è l'opinione espressa dall'emigrazione ucraina - ad armarli è, non tanto l'Unione europea, quanto qualche paese che ne fa parte. La Francia, di sicuro. Si prospetta dunque uno scenario libico, di crescenti disordini, di contrapposizione militare, fino all'epilogo, che però, in questi frangenti, vede schierato sul fronte orientale, l'orso russo, la cui efficacia diplomatica è stata testata nell'empasse siriana ed a cui ha ricorso anche il pampa-Papa, per non compromettere definitivamente la possibilità di presenza cristiana in quella regione del mondo. Il linguaggio di Medvedev è stato chiaro e ammiccante ad un tempo. Non sia l'Ucraina lo zerbino dell'Unione europea - e zerbino lo è già con la sua emigrazione servile all'estero, mentre quella russa si è interrotta da tempo -, per poi successivamente soggiungere: "non sia il Governo ucraino lo zerbino di quelli filo-occidentali". Se così sarà, il prestito di diciannove miliardi di dollari, da poco concesso all'Ucraina dalla Russia, verrà revocato. Che esistano interessi politici della Francia, principale fomentatrice dei disordini e della Germania, di potenziale espansione economica verso oriente, secondo una costante storica ineliminabile, che in passato è stata foriera di drammi, è acclarato, mentre una federazione euro-asiatica con a capo la Russia è l'opzione putiniana. Si profila dunque una possibile spartizione dell'Ucraina in due, secondo le coordinate storiche che influenzano l'esperienza, l'indole, la psicologia e anche la cultura identificativa delle due anime di quel Paese: russofoni a est e ucraini anche in senso linguistico e culturale, ad ovest, peduncoli poco caratterizzati - e certamente poco rispettati - di ridotta dimensione geografica, politicamente attratti - ma dominati - da russi oppure da lituani e polacchi e, tramite loro, dalla ben visibile mano distruttiva dei mercati internazionali. In questo scenario, le opposte fazioni si sparano addosso dai tetti delle case e in tutte le città, non solo nella capitale, rivolta e repressione stanno aumentando. I caduti si contano, per ora, in qualche unità e non a centinaia, come a Kiev. Continuano, sul fronte orientale dell'europa, i riposizionamenti geo-politici che hanno interessato la Libia, la Tunisia, l'Egitto, nuovo partner russo sul fronte dell'aggiornamento bellico del proprio esercito, che è uscito rafforzato dal colpo di Stato, ma è stato criticato dall'amministrazione statunitense per la presa esclusiva sul potere e la prossima candidatura a Presidente del Capo di Stato Maggiore, dopo che, preoccupati dal prevalere dei Fratelli musulmani, lo avevano indotto ad intervenire. I precedenti torbidi, che avevano interessato la Georgia, la (ex) Yugoslavia e, fino alla sua invasione, l'Iraq, non sono stati esaustivi. Gli squilibri creati dal venir meno della biplarità, contiinuamo a essere numerosi ed a prodursi evolutivamente. Gli Stati Uniti sono stati attaccati, ma Bin Laden è stato ucciso. Si continua a giocare sporco e pesante, mentre, anche nell'ambito dell'Unione europea, le discrepanze e le dicotomie, economiche e d'interesse, la fanno, da tempo, da padrone.

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