domenica 7 febbraio 2016

Tragitti anseatici.

L'unico vantaggio formativo che si può trarre dalla conoscenza della civiltà classica, della cultura cioè delle classi dirigenti pre cristiane, è l'assoluta oggettività dell'essere e la vanità del voler essere. L'irrompere di civiltà asiatiche, del medio oriente, sullo scenario post greco e romano soprattutto, ha apportato delle sovrapposizioni rispetto alla civiltà sovvertita. Oggi si accusano i flussi indeterminati della finanza fantasiosa di essere all'origine dei mutamenti regressivi nelle società, ma la lenta agonia dell'Imperium romano fu originata da cause esogene ed endogene, certamente economiche, ma anche di costrume e cultura importati. Ciò di cui gli uomini e oggi anche le donne pratiche, fanno spallucce. Tutte le subculture mediorientali e mesopotamiche, che, anche per questo, ancor oggi interagiscono e in parte sovvertono le civiltà tangenti ancor oggi interagiscono con quelle preesistenti, dopo averne modificato il DNA, tranne una: quella originaria delle altre due, quella ebraica, elaborata e conservata attraverso lo studio nel nomadismo e nella persecuzione. Proprio per questo gli intellettuali ebrei di mentalità laica hanno detenuto le chiavi interpretative del costume occidentale, legandovisi intrinsecamente, vittime del tentativo di distruzione di una grande potenza barbara, in un tripudio generazionale di nuovo paganesimo. Da Freud, che ha chiarito l'intrinseca natura dell'anima, "Psiché", degli uomini, maschi e femmine, scremandola dalla superificiale crosta delle religioni e dei luoghi comuni, che, per reazione inconscia alla confusione e alle contraddizioni che vengono indotte, generano nevrosi che si sfogano nell'adesione ad un ordine artificiale, a Karl Marx che "rovesciò" la prassi delle azioni umane, rivelandone, per contrappasso, il substrato materialistico. Alla luce di queste interpretazioni che, insieme all'evoluzionismo, chiudono il grande lavoro chiarificatore o sovvertitore, a seconda dei punti di vista, dell'Ottocento e consegnano il ripetersi generazionale inconsulto all'inconsapevolezza della gran parte dell'umanità velleitaria ed infelice, all'illusione e al macello, la vita culturale dell'uomo evoluto e le sue scelte possibili, sono pur sempre condizionate dalle parentele, strette su base puramente economica e subordinatamente empatica, dall'ambiente "dominante" al quale si riferiscono e dalle sue presunzioni, che svaniranno alla prima oggettiva difficoltà e lo renderanno consapevole della monotematicità delle medesime, tanto che spesso si concludono con il suicidio. La violenza endogena della società, urbana prevalentemente, non lascia alibi ai fortunati spettatori ed ai miserabili interpreti e le querimonie morali o giustizialiste lasciano il tempo che trovano: il tempo di un sermone. La vita è semplicemente quello che è e trova in se stessa la sua interpretazione - non necessaria - più convincente, dalla fase ingenua e vitalistica a quella erotica e valida, quasi sempre rinchiusa in una gabbietta riproduttiva, al progressivo svilimento ( nei casi fisiologici ) ed alla sua conclusione senza altro esito né senso. Nel mezzo, con fare saputo o intimidatorio, sanzionatorio in terra e nei cieli, ogni sorta di speculativo mantra viene agitato, pagato, scontato e ripreso nel vasto pelago della plebe borbottante e negli squittii e risate fiduciose, oppur sarcastiche, verso un mondo che non verrà o che ci si rallegra che non sia ancora venuto. Ma, di lì a poco, tutto sarà chiaro, compresa l'impossibilitù di uscirne.

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