domenica 14 febbraio 2016

Il nulla che agita il mondo, concentrato in una sua piccola porzione.

In Siria o in ciò che ne resta, si stanno misurando gli interessi di una rinata potenza russa ( fragile per la diffusa povertà del suo entroterra ed il potere accentrato nelle mani di oligarchi fedeli o soggetti al presidente Putin ) e l'imperialismo finanziario, guidato dal nord america. L'Unione europea, nelle sue maggioritarie componenti in crisi, si acconcia a fare da mosca cocchiera delle cause stesse ( almeno di quelle esogene ) del suo stato di pre-insolvenza. La Germania osserva, consolida i suoi storici legami con la Turchia e per ora se ne sta appartata, maggiormente preoccupata della debolezza dei suoi partners caudatari. Turchi e sauditi minacciano l'invasione ( a seguito di questo intendimento il Jet russo è stato abbattuto e altri sconfinamenti si sono susseguiti ), gli statunitensi parlano di rivedere, in fine di mandato presidenziale, l'intenzione di non impiegare truppe di terra in Paesi lontani, la Francia gioca alla grande potenza, quale è militarmente, ma nelle stesse condizioni, più contenute, della Russia. Il dentista siriano, ultimo epigono del semi-potere ( metà del territorio ) dell'ultimo Partito laico ma dittatoriale del Medio oriente, rimane insediato a metà, in base all'equilibrio instabile e per la carneficna surrogata dai contendenti geo politici, che hanno sostituito in parte quello tradzionale della sua famiglia. Assad, che aveva già prenotato la sua nuova residenza a Londra, è rimasto in sella per le incertezze tattiche e dispersive degli occidentali, per la contraddittorietà delle opposizioni interne e, da ultimo, per la ritrovata volontà egemonica della Russia riarmata e riassestata, dopo le improprietà del capitalismo improvvisato di Boris Eltsin e la repressione dell'islamismo guerresco e terrorista in Cecenia, che, dopo essersi ripresa la base navale ucraina della Crimea, si sta attestando sull'altra base navale meridionale, dove ha alla fonda numerosi sottomarini e navi da guerra, in Siria, per l'appunto. Anche il linguaggio riecheggia situazioni storiche fra blocchi, uno dei quali si è dissolto mentre l'altro si è ingrandito, in una bulimia imperialistica che, oltre ad imitare quello storico e territoriale russo, ha sollevato i giustificati timori del continente eurasiatico. Dopo la contesa egemonica globale, adesso le potenze stanno conducendo, sulla pelle degli altri, un massacro ipocritamente giustificato, per consolidare interessi particolaristici, seppur vasti, attraverso i quali continuare a condizionare e sollecitare "soluzioni" politiche in Russia favorevoli ai propri scopi, da un lato e ad affermare e consolidare una propria alterità dall'altro, riprendendo una dialettica oppositiva. Intanto, le masse rese nomadi dalla guerra, si riversano verso le luci, già sopite, di quella che avvertono erroneamente, come civiltà delle opportunità: poche, disoneste e precarie, per loro e per le crescenti subure interne, con le quali sono già assimilabili ma dalle quali sono "divise" da costumanze, abiti e religioni ( anche se nelle subure occidentali, il senso religioso è quasi assente ). Il Papa gesuita predica "unità" fra i cristiani ma anche, generalmente, fra gli uomini di buona volontà; da latino americano conosce l'estraneità culturale degli anglofoni del nord ed il loro cinismo affaristico con il quale hanno schiacciato e umiliato le, per altro disordinate, comunità latine, rubando gran parte delle terre confinanti a sud, al Messico. Per questo, ha stretto un patto non dichiarato con Vladimir Putin e se ne è valso per ottenere in territorio neutro ( a sua volta ex comunista ) un incontro altrimenti insperato su quella difficile via di Mosca che il patriarcato ortodosso ha sempre impedito, per non portarsi la concorrenza omoreligiosa in casa. Il martirio delle antiche comunità cristiane in Medio oriente "serve" al pampa-Papa per rimanere in gioco, nel contesto descritto, di "terza guerra mondiale a tappe", anche attraverso timidi contatti con le gerarchie spirituali e politiche dell'Islam e, con ripetute visite in Sinagoga, con gli Ebrei, relegati, "ghettizzati" comunque sullo sfondo, a causa della loro particolarità irriducibile, tanto che pochi anni or sono l'ex Primo ministro di Israele Ariel Sharon ebbe ad esclamare che anche gli Stati Uniti stavano pensando di abbandonare, un giorno, gli ebrei, almeno quelli sionisti, al loro destino, se si fossero superate le ragioni dell'alleanza strategica nell'area medio-orientale. Tutti giocano, tutti ci provano e tutti si dolgono comodamente e a distanza, mentre interi popoli, a lor volta non alieni, ma non propugnatori, del "peccato originale" dell'odio, vengono straziati, costretti all'esodo o rinchiusi nell'angusto recinto di Gaza, per la preminenza e il suo mantenimento, che, un giorno, potrebbe trasformarsi in puro spirito di conservazione.

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