venerdì 19 febbraio 2016

I frutti fuori stagione che intossicano la vita.

Nelle "Notti di Cabiria" un poetico Federico Fellini, affidava alla sensibilità della moglie, Giulietta Masina, l'interpretazione di una porstituta romana, una donnina delle baracche, che viveva la sorte che aveva trovato sul suo spoglio cammino, ma non per questo, come accade alle professionste rese edotte dall'economia speculativa, arida di sentimenti e illusioni. Innamoratasi di un frequentatore squallido, dovrà disilludersi con infantile dolore, quando costui cercherà di ucciderla per appropriarsi dei suoi soldi. Nel Piemonte provinciale, in una casa tradizionale, nella quale la "signorina" aveva condotto con profitto i suoi studi, si era dedicata all'insegnamento con ponderata sacertà, in simbiosi con i genitori, senza mai uscire di sera e senza prendersi vacanze autonome, chi, se non un ex allievo millantatore, poteva carpire la sua confidenza, farla invaghire di se, assecondarla in questa sua aspirazione romantica e tardiva, che li avrebbe portati in costa azzurra, dove lui avrebbe fatto il broker assicurativo e lei sarebbe diventata - pensate! - la sua assistente. Pecccato che, per mettere su bottega, la tapina avesse dovuto anticipargli il capitale, centottantasette mila euro, che costituivano tutti i suoi risparmi, con i quali il baldo giovane, che aveva "sgamato" la debolezza affettiva della poverina, si era eclissato. Per lungo tempo, l'aveva fatta franca, poi, elaborato il trauma dell'inganno e dell'abbandono, la zitella-insegnante, conservatasi "madamin" d'altri tempi, ricorreva ad un avvocato, per riottenere i suoi soldi, impegnando, nel caso in cui li avesse già spesi, il fidanzato ingannatore alla restituzione attraverso il suo lavoro. Ma, di lavorare, per lo meno ai fini del risparmio, della costituzione di una "base" tradizionale, lo studente rivisitato in chiave sentimental-sensuale, anche se la sensualità fisica, probabilmente, andava attenuandosi, aveva già dimostrato di non avere intenzione, a sua volta intriso di provincialismo cinico-romantico, come alcuni personaggi di Charles Dickens, nelle vesti del signor Pautasso. Così una "madamin antica" di quarantanove anni dimostrava minor senso dell'esistenza di un giovinetto di ventidue, ancora intriso del sarcasmo da quattro soldi degli adolescenti, nel caso suo, tardivo e grettamente speculativo, a tutti i più minutamente sordidi effetti, dei delinquenti..in progress. La sua relazione con la professoressa doveva essere noiosa ed accompagnata dal disprezzo per la principessa addormentata ma nel frattempo invecchiata, ma conservatasi infantile nei suoi sogni di incontrare un giorno un principe azzurro che altri non poteva essere che giovane, "sedotto" dalla sua cura sapienziale e formativa, del quale sarebbe diventata volentieri l'ancella devota. Rinsavita dalla constatazione che la vergogna sociale riguardava solo un aspetto intimo e larvale e contribuiva a negarle la materiale prospettiva di una vecchiaia tutelata da qualche risorsa, passava, con il patrocinio di un legale, al contrattacco, mettendo in apprensione il delinquentello che, però, riusciva a richiamarla in un luogo appartato, un boschetto, riesumando per l'ultima volta l'illusione di un sentimento temporalmente improprio, perché troppo diverse dovevano, per forza, essere le motivazioni di due persone così distanti nell'elaborazione dell'esperinza umana. Quella dell'allievo era, fra l'altro, maligna. Così il drudo vacuo e bugiardo ha portato la sua stupidità e la sua cattiveria alle estreme conseguenze, sperando, dopo essersela levata di torno definitivamente, di riprendere al sua vita"normale", della quale l'insperata opportunità finanziaria era stata solo un espediente occasionale, nell'ambito di un rapporto nel quale, se "gallina vecchia fa buon brodo", dopo un po', fattosi "pagare le prestazioni", forte si era riproposto il desiderio di "cibi freschi". Questa povera e triste vicenda non documenta, secondo me, i tempi violenti e senza sentimenti che viviamo, ma un'eco di tempi poveri e lontani e non solo sentimentalmente, che già Cesare Pavese, per restare in Piemonte, così bene trattò nei suoi testi descrittivi del "mestiere di vivere" e che si conclusero, per lui, con il suicidio. Ci sono altri modi per "suicidarsi".

Nessun commento:

Posta un commento

Sono graditi i tuoi commenti