giovedì 12 maggio 2016

Repliche infinite.

Abituati a impostare i ragionamenti sul valore della libertà, ci sfugge spesso la ragione per cui esistono ancora persone che vogliono far parte di comunità che le discriminerebbero se non si uniformasero ai loro costumi. Lo si constata nel teatrino sociale, all'atto della "presentazione" nel primo, verginale posto di lavoro, nel mestiere appreso in caso di cambio di vettura, ma anche quando ci si presenta a casa del fidanzato o della fidanzata. Dimentichiamo che tradizione, identità e gregarismo sono istinti umani più forti e atavici di qualsiasi credenza. L'homo sapiens si è evoluto facendo parte di un branco, di una tribù, di un villaggio. Una volta abbattuti i ghetti e rese libere le riserve indiane, solo in pochi hanno voluto o saputo uscirne. Si tratta, in quest'ultimo caso, di un'inabilità procurata per neutralizzare e rendere impossibile il ripristino della propria originalità, per spegnere la vitalità di entità che si volevano negare, come fanno attualmente i coloni israeliani verso i Palestinesi espropriati, i Turchi nei confronti dei Curdi, come fecero con gli Armeni. Ancora oggi, chi migra, cerca innanzitutto di trasferirsi dove già vive qualcuno a lui simile per etnia e convinzioni. L’appartenenza al ghetto è una versione ancora più potente e vertiginosa della sindrome di Stoccolma e il potere, qualunque colore abbia, lo sa benissimo e lo sfrutta per creare enclaves: a destra, di solito, per cercare di gestire e controllare meglio manodopera a basso costo; a sinistra, di solito, per cercare di gestire e controllare meglio alcune basi elettorali. Sono impostazioni politiche, in ogni sfaccettatura dell'espressione, contro cui è rarissimo ascoltare voci dissonanti. Sarebbero comunque voci che gridano nel deserto, che, se non si stancassero presto, verrebbero emarginate, perseguitate. Le istituzioni pubbliche sono chiamate a promuovere “il pieno sviluppo” dell’individuo senza distinzioni basate sulle sue caratteristiche: lo chiede l’articolo tre della Costituzione, questa sconosciuta. Dovrebbero anche avere cognizione che le sue appartenenze, quando esistono, sono quasi sempre multiple e cangianti e che, quando non lo sono, rappresentano spesso un problema. Non dovrebbero invece favorire mai le logiche da branco, tribù e villaggio, da ghetto, piccole patrie e grandi monoteismi, e nemmeno le pratiche ancestrali veicolate da comunità altrettanto arcaiche, da sancire con concordati di stampo medievale. Sarà invece la piccola orda degli ominidi a coalizzarsi inconsciamente, come si faceva per cacciare con efficacia cooperativa autoconservativa, nei confronti dell'espressione della diversità e della contraddizione. Fu la sorte di Gesù Cristo, poi assurto e agitato ad emblema di un potere costituitosi lontano dal teatro del suo evento e del suo pensiero, declinato in termini compatibili con il potere. Una volta di più. Non è un caso: il potere sceglie sempre questa strada.

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