lunedì 23 maggio 2016

Il risanamento economico senza "zavorra".

Il panorama bancario, quello più fulgido nel mare tumultuoso della finanza, in Italia presenta una secca percorsa da rivoli quasi inariditi. Solo un gruppo, Intesa San Paolo, promuove l'assunzione, ovviamente atipica e precaria, di altri mille addetti, dichiara di non avere esuberi ed ha prestato, di sua tasca, ingenti finanziamenti alla galassia delle banche in crisi. La Popolare di Milano, dietro input dei sindacati coalizzati in consiglio di amministrazione, ha cercato di evitare il connubio con il Banco popolare, ma una telefonata a tutti i segretari confederali ed al segretario generale della FABI del portavoce della presidenza del consiglio dei ministri ha intimato: il banco popolare deve essere salvato. Perchè, per come, non è dato sapere, ma queste operazioni grigie hanno caratterizzato tutta la prima repubblica. Pur stressati e insicuri, condizione alla quale non erano abituati, i bancari possono contare su un vallo di difesa, di incerta resistenza, in quanto parte defedata di un sistema privilegiato che non si può buttare alle ortiche pena l'ulteriore declassamemto dell'Italia, intesa come entità finanziaria, non come popolo, da tempo all'incanto. Dicevo della Pop. Milano. cosa volevano fare i sindacati-padroni? Aggredire la popolare vicentina, la popolare di Verbania, il Credito valtellinese e, se proprio dovevano impegnarsi, la Carige, le stesse banche a cui mira il Credem per sfuggire al coinvolgimento con banche problematiche. Le fusioni che dovevano essere già in atto slittano per un ruvido attrito, ma si faranno. Con chi, come nei matrimoni dinastici d'altri tempi, è da vedersi. L'Unipol, il gigante bancario e assicurativo dei cooperatori rossi, è sbiadito e si vede. Deve sperare che la Banca popolare dell'Emilia Romagna, quella che, ad ogni tornata, sostituisce gli avventivi, reclutati presso le agenzie di lavoro interinale, con altri postulanti, la voglia, perché se Pop E.R. non sarà, qualche altra dovrà subentrare. Non si tratta, si badi bene, di crisi, almeno non nell'ultimo caso citato, dell'azienda bancaria, ma di destinazione, plusvalenza, sgravami e conversione, mentre tutte si affannano, preliminarmente, a prendere in carico le flottiglie in mare apero dei clienti in fuga. I sindacalisti acquisiti, come i vertici della B.N.L., oggi B,N,P, Paribas, hanno recentemente partecipato alla riunione annuale parigina, nella quale la dirigenza delle rondini primaverili illustra e, moderatamente, dialoga con i rappresentanti delle maestranze: rappresentanti dei lavoratori, sono detti in sede europea, non più sindacalisti. Prossimamente, sempre loro, rappresentanti della componente minore aziendale, andranno per una convention sul lavoro nel credito ( sempre nel mirino delle istituzioni sovranazionali, nei termini del suo dimagrito "efficientamento ) andranno a Bruxelles. Spero e credo che non si illudano di contare qualcosa in quel contesto, dal momento che anche le autorità istituzionali italiane sono commissariate, ma un viaggetto pagato, scontato con la noia delle cuffie per la traduzione simultanea, non va trascurato, anzi è una specie di convocazione rituale, nella quale si è chiamati a far numero. Un'affermazione dei dirigenti centrali, che un tempo sarebbe stata una menzogna svalutativa dell'intelligenza degli astanti, va oggi purtroppo assunta come parzialemnte veritiera: "non siamo più in grado di amministrare i fenomeni". Parzialmente, perché una via di fuga per sé, per ogni evenienza, l'avranno certamente elaborata, come i vertici sindacali, del resto. Se un merito va finora ascritto alla FABI è di aver costantemente ricompreso, spostandolo, il confine della categoria, facendovi assumere anche i lavori appaltati o gran parte di essi. Si è così mantenuto coeso un mondo certamente impoverito, ma non disperso in una tutela ideologica, oggi neppur più politica. E' quanto si dovrebbe fare per ogni categoria. Ma così, piano, piano, non si parla più di sistema creditizio italiano, né delle ricadute sui novemila impiegati bolognesi nel settore. Il sindacato confederale si avvia a ricoprire un ruolo di rappresentanza verticistica e para istituzionale nel mondo del lavoro che non c'è più, dato che, con queste premesse, che si involvono da trent'anni, per il sindacato tradizionale, rappresentativo dei lavoratori, in esubero di sistema e non di singole aziende, non c'è futuro; al personale senza qualifiche nessun lavoro, tranne quello just in time, agli ultimi epigoni di una laurea inflazionata, come diceva vent'anni fa un'arguta scrittrice inglese: cento lavori di merda.

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