domenica 11 agosto 2013

Memoria.

Amalek è il primo nemico ad attaccare gli Ebrei, subito dopo che questi avevano attraversato il Mar Rosso. Se ne narra nella Bibbia, perchè non si dimentichi. Ricordare è un imperativo perché noi siamo fatti di memoria, senza la quale saremmo privi di profondità e vivremmo in un'unidemensionalità senza senso. La questione si altera quando si tratta di una memoria dolorosa. Il dolore, a volte, altera la memoria e confonde le proporzioni. La vita ne è inquinata. Per questo, molte vittime preferirebbero non ricordare, per non convivere con la sofferenza e non provare l'umiliazione di non essere creduti. Ma, se non si ricorda Amalek, non per questo Amalek sparisce. Si rischia, anzi, di ritrovarselo alle spalle senza accorgersene. E' tendenza comune rifiutare le espressioni sociali, politiche o uniformemente diffuse del male e, con questi accorgimenti e in questi contesti, l'esistenza del male stesso e, quindi, di sminuirne gli effetti. Gli aguzzini dei lager ammonivano gli eventuali sopravvissuti a non raccontare nulla di quanto avevano visto e di quanto era a loro occorso. "Non vi crederanno". La testimonianza consiste nel difficile tentativo di insegnare a guardare dentro l'uovo del serpente e imparare a riconoscere il male quando sta arrivando. Gli uomini e le donne di cattiva volontà devono sapere che i loro gesti non si affievoliranno, nè spariranno nel tempo. La memoria, per loro, è una condanna eterna, anche se la giustizia non li ha raggiunti. Contro la mentalità dominante, chi fa del male o lo ha fatto, deve sapere di non poter contare sull'oblio e di non poter contare sull'indifferenza delle proprie periferie, dei propri favoreggiatori. Gli Ebrei e anche i Cechi, nel puzzle dell'Europa centrale, non hanno avuto la tendenza a identificarsi con la Storia, a vedere serietà e senso nei suoi spettacoli. L'esperienza li ha disabituati a venerare questa Dea, a tessere gli elogi della sua saggezza. Meglio protetti contro la demagogia della speranza, possiedono un'immagine più lucida dell'avvenire che non le nazioni sempre pronte ad esaltarsi con la loro gloriosa missione storica.

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