venerdì 30 agosto 2013

Dolenti riconoscimenti.

E' morto un altro premio Nobel irlandese, un poeta, Seamus Heaney. Fa parte, alla memoria, di un nutrito drappello di letterati che hanno conseguito il massimo riconoscimento, sempre per la letteratura. Questa caratteristica, per convenzione, si vorrebbe che fosse appannaggio, dei popoli mediterranei e poveri, ricchi di colore e di umori, di vitalità impotente. La possibilità unica dei popoli latini. Invece l'Irlanda,che con i Paesi del sud condivide la povertà, l'influenza predominante e in via di riaffermazione del colonialismo economico e il cattolicesimo, continua a produrre letterati e poeti, crepuscolari, tristi e nordici, ripiegati sull'anima, senza contributi climatici. Le strade di Dublino sono popolate di monumenti ad altezza d'uomo ed al livello stradale, posti nei pressi dei luoghi e dei locali che frequentavano i suoi scrittori. Fra di loro altre figure, popolari e popolane( venditrici, che recano la loro merce in carrozzine per neonati ) canterine e cantate, per tramando tradizionale. I bambini preadolescenti, prima dell'inizio delle scuole, cantano ancora sul ciglio delle strade e accettano un contributo alle loro spese d'istruzione. La "gloria" attesa ha talvolta favorito il più bieco egoismo: James Joyce abbandonò la moglie e i suoi due figli sul molo del porto di Dublino, per non essere distratto dal suo capolavoro, triste e noioso, quando ne individuò i connotati. Samuel Beckett, invece, visse e interpretò il vuoto esistenziale e morale del depresso popolo irlandese e suo personale. Grandi letterati, grandi espressioni, pur realistiche, dell'anima nell'assenza. Solo Oscar Wilde, venduta la sua anima agli inglesi, fu dandy e salottiero omosessuale, dopo aver avuto una moglie e due figli nella sua prima vita, adattandosi a "l'importanza di chiamarsi Ernesto".

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