venerdì 1 marzo 2013

Rassegnate, ma illuminanti osservazioni.

In poche battute, perchè il minutaggio del lavoro opprime, ben più che condizionare, un lavoratore immigrato, che ringrazio per avermi ritenuto adatto alla confidenza, così si è espresso: " in Italia il lavoro non conta nulla. Per guadagnare 600 euro al mese, mi alzo alle 5 a.m. e rientro a casa alle 21, per fare 7 ore giornaliere di attività, frazionate anche per periodi di mezz'ora. Ogni volta, devo spostarmi con i mezzi pubblici: spero di farcela senza biglietto, ma, soprattutto in questi ultimi tempi, sono incappato nei controlli ed ogni volta, mi sono state comminati 81 euro di multa. I miei 600 euro se ne vanno per l'affitto, le utenze e il cibo". Mi sembra, guardandolo da vicino che sia meno "ragazzo" di come mi era sembrato di primo acchito, quando mi scorreva davanti per ripassare i ripiani; forse, del ragazzo conserva - come dire - le ridotte fattezze, emblema della sua povertà senza prospettive, che lo costringe a sopravvivere quotidianamente e ad emigrare spesso. "In Italia - prosegue - si chiedono onerosissimi diritti di concessione, prima di intraprendere un'attività e si esigono subito tasse e balzelli. In Francia - soggiunge - l'intrapresa è esente da tassazione per i primi cinque anni e consente a chi non possiede né capitali, né attività in corso, più o meno estese, di provare a costruirsi un avvenire meno esposto allo sfruttamento. Da voi, invece, si tutelano categorie, note o riservate, dalla concorrenza e si condannano i poveri ( espressione sua ) a rimanerlo per sempre, sedimentando in pochi stabili strati la società. Le mie 7 ore giornaliere per 600 euro mensili - dicevo - mi espongono per 16 ore all'itineranza e anche a circa 9 ore di attesa inattiva, più o meno lunga e a maggiore o minore distanza, fra una scrivania da spolverare, un cestino da svuotare ( a giorni alterni, per ottenere uno sconto sul suo onere, da parte del committente )una corsia o un cesso e pertinenze da asciugare e disinfettare. In Francia ( le ragioni per le quali questi lavoratori continuano ad emigrare non sono chiare e, forse, attengono ad un subentro di parenti, amici o consoci poveri, ben diversi dai medesimi nei Consigli di amministrazione, nelle cattedre e nelle carriere mediche e di ogni altra sorta ) un occupato viaggia sull'intera rete dei trasporti urbani e del circondario con un abbonamento onnicomprensivo di 50 euro; se rimane disoccupato, ne bastano 20. Gli invalidi che sono in grado di utilizzare ancora dei mezzi pubblici, viaggiano gratuitamente, ma, soprattutto, se si vuole iniziare un'attività in proprio, si è esenti da tasse per i primi 5 anni e, in questo modo, la micro imprenditorialità vi è molto diffusa. Se si è bravi e fortunati, si rischia, però, di diventare meno micro, di attivare associazioni e fusioni societarie con omologhi imprenditori, su base etnica o di semplici interessi e di mettere in difficoltà imprese consolidate. In Italia, questo è di fatto impedito, a garanzia di una ristretta cerchia di capitalisti e di imprenditori, dei loro "referenziati" prestatori d'opera che, condividendone la mentalità, salvaguardano il "loro" mercato dalla concorrenza e la loro inclusione impiegatizia". In tutto ciò, fanno la loro parte i sindacati, l'I.N.P.S. che dirigono, a salvaguardia di un meccanismo che, per conservarsi, deve prevedere, per tutti i lavoratori un iter professionale e temporale stabilmente labile e lacunoso eppur invariabile. ( Osservazione mia ) Ascolto e ometto di correggerlo circa l'attualità della sua analisi, impeccabile riguardo il recente passato, ma che, oggi, non ha più bisogno della "fedeltà" - ma ne gode comunque, per minimale, sempre più minimale, adattamento - dei suoi accoliti, ma può prenderli e lasciarli per poi riprenderli o mulinarli nel precariato interno della fungibilità sempre più spinta, degradandoli per renderli "diversamente" redditizi, perché tutto questo mi sembra, a sua volta, "residuale" rispetto alla sua analisi.

Nessun commento:

Posta un commento

Sono graditi i tuoi commenti