sabato 23 marzo 2013

Paradigmi.

Nelle spire della crisi, i tribuni della plebe si interrogano sulle loro possibilità di mantenere una strutturazione uguale o simile all'attuale. Non è la crisi finanziaria a fargli paura, ma come tutti i poteri costituiti, temono che l'adattamento politico agli eventi socio-economici possa travolgerli. I sindacati sono libere associazioni private, sono costituzionalmente garantiti, ma rivestono la specie delle associazioni non riconosciute, costituite cioè ai fini statutari da liberi aderenti e la cui influenza è o dovrebbe essere strettamente subordinata alla rappresentaza numerica dei loro soci. Per ragioni storiche e politiche, i sindacati hanno preso forma ed espressione confederale, vale a dire di struttura burocratica unificante delle diverse categorie lavorative che la compongono, o in veste categoriale o di mestiere, per l'importanza e la specificità di taluni settori, come quello del Credito. Proprio perché espressione spesso maggioritaria, in gangli strategici dell'economia, hanno mascherato in termini particolaristici, il mandato e l'appoggio ( palese presso i confederali ) dei partiti politici o di parti importanti di essi e hanno spacciato un DNA diverso, ma non incompatibile, con ibridazioni collaborative. E' per questi motivi che la FABI, costituitasi a Genova nel 1948, per iniziativa di un gruppo di Aclisti, si è subito affermata e tutt'oggi si mantiene ai vertici della rappresentanza di una categoria, che pur è stata precocemente depauperata di quarantamila unità e si sta ben posizionanado anche nel target dei pensionati e degli esodati o differiti previdenziali. La FABI, quindi, ha schermato e filtrato nel corso di tutti questi decenni, l'influenza politica della CGIL e calmierato anche quella democristiana della CISL e sostituito la UIL nella gestione - ovviamente non dichiarata - delle opportunità e delle carriere. Questa disamina è necessariamente semplificatoria perché le tipologie bancarie sono state, dal 1948 ad oggi, le più variegate, anche nell'ambito del "grande" credito e ciascuna di queste maxi tipologie andrebbe esaminata a parte. Di una, in particolare, potrei parlare per vita vissuta. Il ciclone finanziario che ne ha investito le apparentemente solidissime fondamenta, ne ha cancellato i marchi: Cariplo, Banco di Roma. Banca Commerciale Italiana. Le ultime nate hanno avuto vita breve e si sono reincarnate in nuove denominazioni, senza più raggiungere la stabilità patrimoniale e di bilancio. Ultimo, in ordine di tempo, il Monte dei Paschi di Siena, dopo che la penultima banca per anzianità, il Credito Romagnolo, è stata fagocitata con OPA ostile - l'unica in Italia - dal Credito italiano, in via, a sua volta, di mutazione. Il lavorio di interessi, ma anche politico che ne ha modificato la fisionomia attraverso lifting sistematici, è stato ed è alla base della mission interna ed internazionale che avrebbero dovuto interpretare e che invece rischia di involversi in altri cataclismi endogeni. Nei fatti, questi grandi Gruppi hanno solo favorito un ricambio nelle maestranze e cercato di imporre un cambiamento nella mentalità. In contesti siffati i sindacati, quelli con una implicita ed evidente vocazione politica, hanno contribuito con contratti e accordi di secondo livello, secondo specificità, a favorire, mediandolo, un fenomeno al quale non hanno mai avuto intenzione e possibilità di opporsi. Il panorama sindacale attuale ci mostra una vocazione dei "moderati" tribuni alla stabilità degli assetti conciliativi, nella speranza di mantenervi l'approdo sicuro che vi hanno mantenuto fino ad ora, mentre la CGIL fa la fronda ad ogni accordo, mobilitando la sua minoranza. Minoranza di nuovo conio, perché parte della minoranza che, almeno, si era opposta alla destrutturazione del settore per quanto atteneva a regole e a diritti, ma che, in seguito ad alchimie congressuali, si è ritrovata in maggioranza, mentre, altri ex maggioritari, espulsi e relegati, hanno vestito i panni dei contestatori. Come comportarsi, quindi, da parte delle sigle maggioritarie, comprendenti anche la Federdirigenti, il Sinfub e la UGL, verso una grande sigla sindacale di prevalente matrice operaia che non riesce a contenere le intemperanze dei suoi movimentisti? Relegandola al secondo tavolo delle trattative. Solo nel Credito? Evidentemente no: è infatti già successo anche nei settori storici dell'operaismo comunista, come quello metalmeccanico. Da queste esclusioni, solo gli operai inquadrati in compagini mansuete hanno avuto benefici, quanto meno hanno ottenuto di poter lavorare, ma, se ne ha ricavato un beneficio l'economia, non si è notato. Non molti hanni fa, ad essere esclusa per qualche anno dal primo tavolo bancario, fu proprio la FABI nonostante che vi avesse il peso specifico maggiore. Se vi sono stati vantaggi per la categoria dei lavoratori, qualcuno me li comunichi. L'adattabilità deve farsi magmatica in un contesto nel quale non sono ravvisabili elementi certi e nel quale si teme e si cerca di contrastare una possibile capacità creativa e dissimulatoria della sinistra, schierandosi con ciò obiettivamente a destra o, che è ( per ora ) lo stesso, al fianco dell'ABI. Nel frattempo, le preoccupazioni concrete degli apparati di gestione non differiscono da quelle dei borghesi risparmiatori. L'analisi si fa sottile, soprattutto in termini fiscali, mentre si cerca a tentoni di individuare le possibili intenzioni di questa o di quella opzione politica e quindi legislativa, sul tappeto. Tutti insieme, dunque nella Mirabilandia di un settore che resta privato, ma pubblicisticamente strategico, nel quale tutti i soggetti di una rappresentazione ripetutamente replicata e nella quale i sindacati moderati vorrebero avere una funzione sostanzialmente istituzionale e monetaristica ( la FABI ) e anche formalmente istituzionale ( la CISL )assumono atteggiamenti regolamentari. La partita del Credito, pur condotta da giocatori in grisaglia, sarà decisiva e coinvolgerà, in termini dialettici, attori fieramente avversi sulla scena. Nell'ipotesi, non peregrina, di uscirne con le ossa rotte, si aumentano gli accantonamenti intestati ad una società di fatto, quale è e resta il sindacato. Dalla consulenza legale e commerciale giungono ammonimenti a non incrementare il reddito da investimenti finanziari, perchè sarebbe pratica incompatibile con gli scopi assistenziali e di rappresentanza dei lavoratori. Come ovviare? Si potrebbe, ad esempio, comperare una nuova sede per il sindacato, destinandole, però, incombenze dissimili da quelle già esercitate im immobili di proprietà, immobilizzando il patrimonio in termini giustificabili. Che differenza c'è con la destinazione degli utili non reinvestiti di tutte le altre associazioni private a scopo di lucro, sia pur declinate in termini di supporto prospettico per un futuro incerto? Da alcuni anni sono state separate giuridicamente e fisicamente, le strutture murarie che ospitano il lavoro dei CAAF, da quelle dedicate al lavoro sindacale, anzi, per i CAAF sono state costuite apposite società di capitali. Dopo tanto affaticarsi in materie amministrative del tutto speculari a quelle aziendali, che cosa e quanto resterà da dedicare alla prassi rivendicativa? Beh, assolutamente nulla, come si evince dall'evanescenza sindacale di molti anni a questa parte. Infatti, il modello rivendicativo, che si alimentò della forza d'inerzia degli autunni caldi degli anni '70, è stata da tempo abbandonata. Sul piano politico e su quello sindacale, si manipola solo l'interpretazione degli eventi e ci si guarda bene dal contrastarli, per non esserne travolti. Un'attività da surfisti.

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