martedì 26 marzo 2013

A chi servono le "parti sociali"?

Lo stoico esploratore incaricato, si è attardato - dopo che erano state ignorate da tutti - nel raccogliere il parere delle "parti sociali". In un'ottica di sinistra tradizionale è stato un passaggio dovuto, ma in rapporto alla realtà percepita, ne hanno rimarcato l'inaridimento e la separatezza. "Parti sociali" sono infatti parole che albergano nel Palazzo, non nella società e oggi definiscono organizzazioni in profonda crisi di rappresentanza e di risultati. Organizzazioni che si sorreggono reciprocamente, lasciando cadere qualche d'uno della babilonica compagine, nella speranza, per ora frustrata, di irrobustirsi a sue spese. Quel che cercano insieme è un disperato e disperante ruolo istituzionale. Il termine "parti sociali" nasce dal profondo del pensiero democristiano, dal quale non riusciamo ad affrancarci e dal quale, a destra come a sinistra, sembriamo condannati ad essere governati. In forme dissimulate, ormai dispero di non morire democristiano. Evidentemente, l'humus cattolico, ma nel senso di bottega, è seme - per me inquinante - di civismo minore e di fameliche aspettative. Secondo questa ideologia, lavoratori e imprese hanno i medesimi interessi e, in concordia, stanno tutti nella stessa barca e si rivolgono alla politica che sta ad un livello superiore, senza ammettere che è stato proprio questo approccio popolaresco e contingente a impedire, dopo due, tre generazioni, l'emergere di una compagine sociale ed economica robusta. Per salvarsi, i Tribuni della Plebe ricercano un ruolo istituzionale che non è mai stato loro concesso e che, se lo sarà, sancirà la minorità della politica tutta. Facile è stata la corruttela verso chi, anziché preoccuparsi di far crescere i lavoratori, si preoccupava solo della sua vanità e della sua famiglia. Dopo la prima tangentopoli, i sindacati confederali hanno svolto un ruolo di supplenza ai partiti, travolti con la prima Repubblica, ma riassestatisi sotto traccia, attraverso dicotomie opportune ma tutt'altro che di principio, bensì solo di riferimento opportunistico e tattico. Nonostante Berlusconi, che fa politica in funzione antigiudiziaria e che, comunque, come è ovvio, rappresenta e tutela solo gli interessi dei furbi elusori ed evasori delle imposte, parte del sindacato ha cercato legittimazione anche dove e se non contava nulla e ha perso parte della sua legittimità nei confronti dei lavoratori, tranne quelli desiderosi di favori, provocando un'osmosi, nei due sensi, che ne ha abbassato le difese. Alla fine, al sindacato corrivo veniva spiegato quanto era stato già deciso. Monti, infine, ha più volte affermato che non avrebbe subito l'influenza delle "parti sociali". Perché le convocava. allora? L'espressione "parti sociali" ha accompagnato tutto il percorso della crisi della rappresentanza. In sostanza, la funzione della "parti sociali" si è rivelata inutile. All'uscita dalle consultazioni, i sindacati - alias le "parti socilai" - hanno invocato l'abolizione dell'IMU. Già che c'erano potevano riproporre Berlusconi come Presidente del Consiglio; si sono dimostrati convinti che la tassa emblematica abbia penalizzato la sinistra di governo, senza neppur cogliere la confusione mentale che stava all'origine della richiesta. Che fosse solo pubblicità? Anche la CGIL, che ha chiesto anche lo sblocco dei crediti alle imprese, come se le banche fossero ancora pubbliche, sostituendosi, o meglio, affiancandosi a Confindustria. Anche Confindustria, Unindustria non hanno portato un contributo importante alle decisioni da prendere; hanno riaffermato che bisogna fare presto, lasciando implicitamente inespresso che cosa, ma nessuno si è speso sulle politiche di austerità, su quanto sta avvendo in due terzi d'Europa, sui vincolo di bilancio. Prosegue, assoluto, il silenzio e l'assenza dei sindacati sulla previdenza, sull'età per accedervi, sullo sfruttamento del precariato. Delle pensioni, in particolare, nessuno ha parlato, né in campagna elettorale, né in sede di consultazioni per la formazione del Governo. I differiti,ormai, sono entrati in una terra di nessuno. Ci deve essere un legame tra la catastrofe che colpisce il lavoro e la funzione attualmente inutile della "parti sociali". Le imprese, che rispetto, protestino per sé. I lavoratori hanno bisogno di sindacati che smettano di recitare il ruolo della "parti sociali" e siano solo di parte, dalla loro parte.

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