domenica 24 marzo 2013

Confuse semplificazioni.

Il risultato elettorale è stato semplice e chiaro. La torta è stata divisa in tre spicchi uniformi: il movimento di coloro che non accettano, per nessun motivo, di pagare le tase, il partito di coloro che ne esigono la progressività e l'incassabilità e ne chiedono la redistribuzione sociale dei cespiti e il movimento di coloro che non vogliono farsi irretire da tattiche parlamentari e aspirano all'implosione del sistema. Nell'ambito del Partito democratico, la socialità della spesa è subordinata ad una congerie di clientele consolidate che si contendono la leadership del partito, tradizionale formulazione della compagine politica, nella quale con più facilità si possono spartire denari e influenze. Tornando al voto, si è trattato, quindi, di un'espressione che ha tenuto conto solo delle sensibilità interne alla stratificata compagine nazionale, come se non dipendessimo, ormai, da un patto di stabilità che ci consegna, come un'azienda qualsiasi, ai piani di rientro della BCE ed alla futura alienazione dei nostri asset strategici, integrati nella progettualità della Germania, mentre Finlandesi ed altri nord europei, già subordinano prestiti irrecuperabili, perché andrebbero dispersi negli ambiti clientelari italiani, al pignoramento e all'appropriazione di lotti turistici, monumenti e alberghi. E' la stessa politica, funzionale allo stesso fine, che hanno perseguito in Paesi non allineati come la ex Jugoslavia, dove gli esercizi alberghieri erano spesso di loro proprietà, anche se affidati in gestione a incaricati locali, ma aveva almeno la veste di finanziamenti diretti in cambio di facilitazioni allo sfruttamento turistico. Nulla di originale, dunque, neppure le lobby costitutive del Movimento del Senatore a vita Mario Monti, che si è barricato nel suo fortino dove tiene lezioni a favore dei suoi privilegiati mandatari, ma nel quale, le milizie dal doppio e triplo cognome sono in gran parte costituite dai "carini" di Cordero di Montezemolo. Nulla di nuovo, tranne il nostro definitivo assorbimento nell'area di rivalsa di un'Unione europea nella quale lo spirito di sussidiarietà economica è assente, come era logico aspettarsi, mancando forze contrarie in grado di farsi valere coi fatti, ma che è stata inconsapevolmente data per certa e con falsa sicumera indotta presso le disinformate opinioni pubbliche delle nazioni meno attrezzate, meno coese e più corrotte. Perché, quindi, tante facce di circostanza? La democrazia è sentimento dell'uomo della strada e come tale va accettata e rispettata. Il guaio è che la democrazia stessa - che è stata sospesa una prima volta e tante volte tradita nella prassi, complici i tanti "portoghesi" dei banchetti - ad essere sub judice, a rischio. Perderla sarebbe come avvertire, per la prima volta, il bisogno dell'aria.

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