sabato 31 luglio 2010

Mario Patrizio Filippi.

Di questi tempi e tutti insieme, o meglio, uno dopo l'altro, se ne stanno andando persone con cui, volente o nolente, ho condiviso un lungo tratto di strada o, forse, di quel viottolo secondario che ho percorso, dopo essermi portato con forza e determinazione sulla via maestra per poi tralasciarla, come se intimamente, per qualche simbolo violato, per qualche sovrastruttura culturale interiorizzata o per qualche paura o sentore d'indegità, o per assenza d'amore, avessi rinunciato a conseguirne il traguardo - dopo aver dimostrato a me stesso che ne ero capace -, a indossarne i costumi, ad officiarne i riti, (in)consapevole che erano costumi e riti di chi mi aveva voluto umiliare.
Dicevo che stanno scomparendo le figure di un tempo recente: l'ultimo di cui ho avuto notizia è stato Mario Filippi, il Rag. Mario Patrizio Filippi, come recava sul timbro personale con cui creava i suoi biglietti da visita e su cui sovrapponeva la sua firma.
Anima gretta e speculativa, faceva il sindacalista della U.I.L., senza trascurare di sfruttare l'appartenenza per (s)brigare qualche faccenda personale.
Veneto di nascita, di Noale in provincia di Venezia, per la precisione, era rimasto orfano di madre all'età di sei anni ed il padre, fino a pochi anni fa, ultranovantenne e cieco, ancora vivente, a suo tempo non aveva voluto occuparsi di lui e lo aveva relegato in collegio, tenedo con sé il figlio già adulto, che diventerà di lì a poco dottore commercialista.
Mario uscirà dal collegio, con il diploma di ragioniere, per fare il servizio militare a Bologna e quì resterà. Fin d'allora si distinguerà per assenteismo: in servizio presso il comando di presidio, in realtà non lo prestava, in quanto godeva di fasulle esenzioni per impegni politico-sociali che l'On. Rumor, evidentemente in rapporti con la neghittosa famiglia, contrabbandava per lettera settimanale - praticamente un cliché - al comandante e che il soldato recava personalmente, travolgendo il piantone di guardia, nei due giorni in cui era presente, per così dire, al lavoro.
Con la stessa raccomandazione entrò poi al Banco di Roma e, a suo dire, fu omaggiato e preservato, fino a che - sostenne - "si accorse di aver sbagliato uscio".
Offrì i suoi buoni uffici alla santa causa della difesa dei lavoratori, prima nella CGIL, dalla quale uscì per non essere riuscito a defenestrare il titolare della rappresentanza. Cercò di assumere quella della CISL e infine trovò ricetto nella UIL.
Da allora, cioè da quasi subito, smise di essere molestato dal capo ufficio che - ricordava - era solito dire: "non sento la musica" intendendo il ticchettio delle calcolatrici e si dotò di una valigetta di permessi orari che gli consentivano, aggiunti alle ferie ed alle "malattie", di distaccarsi dalla pena quotidiana.
Si può dire che dall'esperienza del collegio aveva ricavato l'abilità nello scansare il lavoro, in questo favorito dal costume democristiano che la sacrestia veneta gli aveva instillato. Si diceva che fosse omosessuale e che approfittasse di una sua attività di sostegno nel mondo della tossicodipendenza giovanile per procurarsi i suoi occasionali partners. Non ho idea se fosse vero. Sta di fatto che la sua morte prematura - si dice per un cancro al fegato - risulta a molti strana. Pare che non sia ricorso alla cobalto terapia. Allontanatosi dalla casa del Fondo pensione della Banca di Roma che aveva occupato truccando le carte anche in ambito UIL, fino a riciclarsi nella Federdirigenti, probabilmente nella veste, statutariamente prevista, delle "alte professionalità". proprio lui che non sapeva, né voleva fare nulla, si era eclissato in qualche clinica del veneto natio. Anche per questo, un transfuga, di ritorno, che aveva interpretato un ruolo di potere e proselitistico nella mia organizzazione, mi propose di sostituirlo, con ampia facoltà di agibilità personali e carriera sullo sfondo. Non ho avuto la minima esitazione nel rifiutare, a prescindere da qualsiasi considerazione di utilità. Pur non stimando la persona, oggi, di fronte alla solitudine della sua morte ( aveva cercato rifugio dal fratello di Padova, con il quale aveva avuto un rapporto velleitariamente competitivo per tutta la vita ) sono contento di non aver accentuato la sua desolazione.

7 commenti:

  1. Salve Pier Paolo, sarei lieto di contattarla in privato per avere maggiori notizie su Mario.

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  2. Gentile Pier Paolo, non posso smentire le Sue affermazioni, ma una si: Mario Patrizio Filippi alla data odierna (14/09/2010) è vivo. P.R.

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  3. SIG.PIER PAOLO SONO UN AMICO DI MARIO LE COMUNICO CHE MARIO è VIVO E VEGETO .
    MI PIACEREBBE MOLTO CHE LEI SI FIRMASSE CON NOME E COGNOME.
    LA COSA NON DOVVREBBE SISULTARLE DIFFICILE ,VISTO CHE RACCONTA FATTI PRIVATI E QUALCOSINA IN PIU'DI PERSONE CHE IN REALTA' NON CONOSCE.
    ATTENDO SUE NOTIZIE MAGGIO ANTONIO

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    1. Mario è stato per me un caro amico.
      Qualcuno è in grado di darmi sue notizie?
      Gli sarei molto grato
      Carlo Campagnoli

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    2. Salve, anche io ho conosciuto Mario negli anni 80/90, quando viveva a Bologna nel quartiere Barca all'interno di una spartana ma avveniristica casa prefabbricata, e mi piacerebbe avere sue notizie. E' possibile ?

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  4. Riconosco con dispiacere dalla descrizione il mio amico Mario Patrizio , che presto o meglio che fece di tutto per evitare di prestare con me il servizio militare al 40 rgt fanteria - caserma Perotti . Mi apostrofava con il nomignolo "lo spartano " Da tempo lo cercavo . Vorrei maggiori notizie . Vi prego di contattarmi a : giomalatesta@yaho.it

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  5. anch 'io conoscevo mario patrizio vi prego; fatemi sapere di lui jerryonbrompton@gmail.com grazie

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